Impaziente attesa



E’ arrivato il periodo dell’abbiocco pomeridiano, quando gli occhi si chiudono per decisione volontaria mentre braccia e gambe penzolerebbero volentieri come quelle delle marionette. E’ il periodo nel quale ti immagini sdraiata su uno scoglio tiepido, con lo sciabordio delle onde che si infrangono lievemente su di esso e il mare luccica come un bosco, la notte, pieno di lucciole. E arriva un sonno leggero che leggero non é. Perché ti spezza le gambe e rende pesante la testa. E’ il periodo nel quale mi idrato come un cammello e rosicchio carote come un coniglio. Perché non ho fame, ma ho pure voglia di fare. Chissà cosa. Così ho ripreso l’attività fisica. Ho rischiato di restarci secca come un baccalà. La voglia di mollare è arrivata al quarto minuto scarso di corsa. Avrei potuto, ma ho deciso di non dare retta alle gambe che cedevano, alla faccia che pigliava fuoco, al cuore che sembrava uscire da ogni possibile orifizio. Ho continuato. Testarda e decisa come so essere solo io quando mi metto in testa un obiettivo al quale tengo seriamente.
Ho ricominciato la caccia ai gechi. Certo, chiamarla caccia ai gechi lascia pensare che sia io a cercarli. In realtà sono loro che cercano me. E purtroppo mi trovano. Ho comprato un dissuasore che ho sparso sulle soglie. Ho infestato casa di palline di canfora. Sto trattando per zanzariere a prova di sfondamento e sto cercando di superare lo schifo. Giornalmente mi costringo a guardare sullo sfondo del mio monitor un grosso geco repellente grande quasi quanto la mia testa.  Ogni giorno mi assale puntualmente la pelle d’oca. Ho pure letto che in chissà quale popolazione il geco è considerato uno psicopompo che non è una parolaccia, né un maniaco con devianze sessuali. Sarebbe colui che guida le anime dei morti durante il passaggio nell’aldilà. Ora sì che adoro i gechi.
Sto pure cambiando il guardaroba. Perché il rinnovamento deve essere totale. Ed è arrivato il momento di accantonare jeans e maglietta, almeno per un po’. Non voglio più auto-costringermi ad essere anonima. Da oggi seguo i miei gusti. E basta.
Poi ci sono le ferie estive sempre più vicine e la voglia di perdermi per qualche giorno. Per non parlare del mio compleanno che si avvicina. Mi raccapriccio al solo pensiero di quella dannata cifra tonda. Mi dico che tanto prima o poi “ha da venire”. Però me lo dico solo quando vivo quei rari, rarissimi, momenti di ottimismo. E prima di sfaldarmi come una torta lasciata troppo tempo dentro al forno, manca ancora un po’. Quindi libiamo nei lieti calici.
E qualcosa forse si è smossa. Niente a che vedere con le mie voglie fuggiasche. Solo qualche possibilità che sembra palesarsi. Niente di gratuito, per carità, non è nel mio destino. Però posso tentare di fare qualcosa. E se questo qualcosa andrà bene documenterò tutto quanto.
Altra novità: scende il grande capo e quindi qui sono state d’obbligo le manovre di pulizia. Da noi, quando arriva il grande capo si usa pulire. Nascondere tutto sotto il tappeto. Non appena il grande capo fa ritorno a casa tutto ritorna uguale a prima ad una velocità sorprendente. Che poi il lavoro viene svolto in condizioni pietose che il menefreghismo é una scelta di vita costante che ci guardiamo il naso quando ci mostrano la luna non conta. No, non conta.
Così è stato tutto un andirivieni per le stanze ed io sono stata l’unica che non ho pulito nulla visto che pulisco giornalmente dove lavoro, mangio e passo la pausa pranzo. Questa è pure diligenza.  Caspita che brava impiegata.
Ora, però, mi chiedo: quando il capo avrà sete cosa berrà? Perché l’acqua la portiamo da casa. Gli avranno comprato una bella fornitura di Perrier? Magari ghiacciata? Perché se calda è sempre meglio mettersi in bocca direttamente una bustina di idrolitina. E il tappeto rosso? Avranno studiato bene l’inchino alla Fantozzi davanti al direttore supermegagalattico? Lunedì si sveleranno le carte.

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