Je suis moi-même


Nell'attesa di capire quale piega voglia dare a queste mie sporadiche incursioni, continuo nel dire quello che penso. Di pancia.

Ebbene sì. Continuo a sentirmi aliena in questo mondo. Ma forse, scrivere mondo é sbagliato. Forse dovrei scrivere paese o ancora meglio cittadina di provincia. Perché io non sono una cittadina del mondo. Già vivacchio, e male, in questa piccola città.

Accade sempre qualcosa che mi infastidisce molto. E più cerco di assumere l'atteggiamento del lasciar correre, più difficile diventa.

Questa storia del sono o non sono Charlie, per esempio. Questa cosa di schierarsi e poi cambiare idea quando ci si sente invasi nel proprio orticello. La trovo patetica. Le dichiarazioni poco eleganti di chi dovrebbe rappresentarci sono patetiche. Patetiche le trasmissioni continue incentrate sulla vignetta dello scandalo. 

Io penso sia facile fare satira sui luoghi comuni. E ci potrebbe anche stare. Però non bisognerebbe mai dimenticare che dietro le tragedie ci stanno nomi e cognomi, uomini e bambini, storie e vite. Dagli errori impariamo, anche dalle cattive esperienze. Una vignetta feroce (e veritiera, per certi versi) non insegna granché, perché sguazza soltanto sul latte versato. E poco importa se il latte é metafora del sangue nei nostri o dei loro connazionali. Il cattivo gusto non ha nazionalità.

Non sopporto  neppure le venerazioni via web. Le esposizioni quotidiane e continue di persone più o meno famose che postano foto nelle quali "casualmente" spuntano pubblicità occulte. E i followers (ormai si chiamano così no?) che chiedono la marca anche della carta delle caramelle o del rotolone asciuga tutto: "Fantasticooooo. dove lo posso trovare?". 
Sulla bacheca di una nota food blogger che, a volte, posta foto della bambina presa di spalle si possono leggere valanghe di complimenti su quanto é alta e bella e intelligente la bambina. tutte cose che possono essere facilmente estrapolate da una foto presa di spalle. 
Tutte pronte a cinguettare complimenti esagerati, anche falsi, al solo fine di compiacere il personaggio noto. E la vita é tutta così. C'é sempre un vip, anche nel quotidiano, e una massa di pecore che raccatta briciole e sparge complimenti senza mai esprimere la propria personalità.

E cosa pensare delle testate dei quotidiani maggiori che spesso professano l'importanza della cultura, dello studio. Che venerano filosofi, scrittori, pensatori e musicisti instillandoti il dubbio che tu sei un mezzo ameba e che al massimo riusciresti a comporre una quartina in rima baciata e poi sbattono in prima pagina il look sexy ( o i connotati) della soubrette del momento. Come a dire: se non sei intelligente o bello sei spacciato. 

Poi c'é chi non ti lascia mai parlare. Ti chiede come stai e non fai in tempo ad aprire bocca che già sta parlando di sè. Dei propri malanni, dei propri problemi. O delle cose che ha fatto, delle persone che ha conosciuto. Delle esperienze che lo hanno toccato o divertito. Quando mi capita di avere a che fare con gente così divento completamente afona. Sarà una sorta di reazione automatica allo scopo della mia sopravvivenza. Una volta cercavo di aprire bocca, di sforzarmi di alzare il tono per farmi sentire. Finché un giorno, non mi é calata una stanchezza improvvisa, una specie di torpore. Ho chiuso la bocca e ho lasciato parlare. Non mi interessava più dire niente. Non perché non avessi nulla da dire. Ma perché il mio dire necessitava di uno scambio di opinioni. Non di omelie a senso unico.

Infine detesto le donne che fanno del male alle altre donne. E non c'entra nulla con il femminismo (altra categoria che non sopporto). Questa insana e ingiustificata invidia che proviamo ognuna verso l'altra. Questa specie di necessità vitale nel voler ferire, offendere, a far sollevare dubbi sulla nostra rivale. Perché ogni donna sceglie sempre una o più rivali. Non importa se in amore, in campo professionale o amicale. Deve esserci sempre qualcuno da prendere di mira. 
Ci sono le donne mamme pronte a dare consigli su tutto e tutto come se aver partorito desse loro l'onniscenza sulle cose del mondo. E anche un certo potere su chi figli non ne ha voluti o non ne ha potuto avere.
Ci sono le amiche piene di livore. Quelle che si sentono in dovere di farti quelle osservazioni non richieste velate, e pure malamente, di astio, invidia, cattiveria ingiustificata.
Ci sono anche le colleghe che invece di risponderti buon giorno quando la mattina le saluti, colgono l'occasione per commentare i tuoi capelli fuori posto o le occhiaie o il colore dell'abito che ti sbatte. Peccato che uno o due giorni dopo le ritrovi con lo stesso tagli o di capelli o lo stesso modello di abito che addosso a loro non solo le sbatte, ma le deforma.
Donne che rubano i fidanzati o i compagni o i mariti altrui. O almeno, cercano di farlo. Questo lo so che é una cosa che non potranno mai fare se il marito-fidanzato o compagno altrui rifiuterà il consenso. Quello che non tollero é che sono disposte a fare del male, magari lo stesso male che hanno subito, a qualcuno che colpa non ha e che magari verrà odiata, osteggiata, insultata. E non parlo di donne che collezionano uomini per il puro piacere di farlo. Se si divertono, ben venga. Ma di donne disposte a tutto per avere la loro vita piena, bella e perfetta a scapito di qualcuna che viene vista alla stessa stregua di un soprammobile fuori moda o di uno yogurt scaduto nel frigorifero.
E ci sono donne che fanno comunella con altre donne, salvo poi parlarsi male alle spalle l'una con l'altra. E poi tornare a condividere i racconti sui fine settimane, sulle vacanze estive o sulla gestione familiare.

Io detesto l'ipocrisia e non riesco a destreggiarmici. Questo non significa che io sia un essere puro, perfetto e che non sbaglia mai. Sono capace di odi e rancori profondi. Ma non sono capace di mostrare la maschera dell'ipocrisia che, a quanto pare, è la prima regola per sopravvivere in questo mondo.



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