Le ultime stelle cadenti



E' accaduto di nuovo, accade ogni volta che decido di non volerci più pensare. Lo spettro del mio sogno oramai seppellito continua ad apparirmi o continuano a parlarmene.
Non c'é nulla che io possa fare per attutire lo strappo che sento sopra e dentro l'ombelico.
Mi sento dannatamente in colpa, ma non posso impedire alle sensazioni di uscire fuori. E' meglio viverla così come viene oppure avvolgersi addosso uno stretto cilicio e continuare a soffrire?
Non si mettono i paletti ai sogni, non si incatena il cuore. Ogni desiderio contrastato diventa più forte, qualunque cosa inarrivabile ha un sapore più buono.
Ma io non ho nulla e nessuna possibilità di possedere alcunché. Ma dove é finita la mia forza d'animo?
L'hanno uccisa tutti quelli che cercano di tenermi ferma mentre io vorrei prendere il volo.
L'avrei preso già da un pò se solo riuscissi ad allentare tutti i nodi che mi trattengono.
Solo una volta e poi farla finita. Meglio provare vergogna verso se stessi che tutto questo rimpianto per quello che non é stato e mai sarà.
A volte vorrei anestetizzare ogni mio sentimento.
Vorrei smetterla di osservare con così tanta attenzione me e gli altri. Vorri far cessare questo istinto che mi porta a sezionare il significato di ogni singolo gesto, parola, sguardo, evento o chicchessìa.
Se fossi solo più superficiale e invece sono una persona oscura, che sta in penombra e soffre per i propri mali e per quelli di un mondo offeso.
Da dove ricomincio, da chi, con quali mezzi?
E ancora cocciuta aspetto che arrivi il "segno". Non so se scrutare il cielo, il mio cuore, la mia testa o ciò che mi sta intorno. Dovrei avere tante antennine sottili sottili per captare tutti questi confusi segnali.
Sono io l'extraterreste. Sono un genere umano indefinito. Ma dove si trovano i miei simili, i miei fratelli? Qui mi sono tutti così estranei...
Se solo la smettessi di provare rancore per non aver avuto quello che mi spettava, che era mio di diritto.
Se potessi esprimere un desiderio vorrei fare un viaggio nel tempo, indietro di almeno venticinque anni, poter dare una diversa impostazione alla mia vita.
Oppure osservare me piccina, muoversi in quel tempo che ora non c'é più, piangere per lei, sostenerla, darle la sicurezza che da grande diventerà la donna che vorrebbe essere.
Rassicurarla, dirle che diventerà un bel cigno, consolarla, ascoltarla, indirizzarla e chissà se nel caso esista un vita parallela in un'altra dimensione non diventi finalmente una donna felice.

Placida notte, e verecondo raggio
Della cadente luna;
e tu che spunti
Fra la tacita selva in su la rupe,
Nunzio del giorno;
oh dilettose e care Mentre ignote mi fur l'erinni e il fato,
Sembianze agli occhi miei; già non arride
Spettacol molle ai disperati affetti.
Noi l'insueto allor gaudio ravviva
Quando per l'etra liquido si volve
E per li campi trepidanti il flutto
Polveroso de' Noti, e quando il carro,
Grave carro di Giove a noi sul capo,
Tonando, il tenebroso aere divide.
Noi per le balze e le profonde valli
Natar giova tra' nembi, e noi la vasta
Fuga de' greggi sbigottiti, o d'alto
Fiume alla dubbia sponda Il suono e la vittrice ira dell'onda.
Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella
Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta
Infinita beltà parte nessuna
Alla misera Saffo i numi e l'empia
Sorte non fenno.
A' tuoi superbi regni
Vile, o natura, e grave ospite addetta,
E dispregiata amante, alle vezzose
Tue forme il core e le pupille invano
Supplichevole intendo.
A me non ride L'aprico margo, e dall'eterea porta
Il mattutino albor; me non il canto
De' colorati augelli, e non de' faggi
Il murmure saluta: e dove all'ombra
Degl'inchinati salici dispiega
Candido rivo il puro seno, al mio
Lubrico piè le flessuose linfe
Disdegnando sottragge,
E preme in fuga l'odorate spiagge.
Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso
Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo
Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?
In che peccai bambina, allor che ignara
Di misfatto è la vita, onde poi scemo
Di giovanezza, e disfiorato, al fuso
Dell'indomita Parca si volvesse
Il ferrigno mio stame?
Incaute voci
Spande il tuo labbro: i destinati eventi
Move arcano consiglio.
Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor.
Negletta prole
Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo
De' celesti si posa.
Oh cure, oh speme De' più verd'anni!
Alle sembianze il Padre,
Alle amene sembianze eterno regno
Diè nelle genti; e per virili imprese, Per dotta lira o canto,
Virtù non luce in disadorno ammanto.
Morremo. Il velo indegno a terra sparto
Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
E il crudo fallo emenderà del cieco
Dispensator de' casi.
E tu cui lungo Amore indarno, e lunga fede, e vano
D'implacato desio furor mi strinse,
Vivi felice, se felice in terra Visse nato mortal.
Me non asperse Del soave licor del doglio avaro Giove,
poi che perir gl'inganni e il sogno
Della mia fanciullezza.
Ogni più lieto Giorno di nostra età primo s'invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra Della gelida morte.
Ecco di tante Sperate palme e dilettosi errori,
Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
Han la tenaria Diva,
E l'atra notte, e la silente riva.

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