Le cene di Natale


Ho ricevuto un commento ad un mio banalissimo pensiero scritto sul blog.
Interessante il blog, peccato per lo scadimento su temi politici e di luoghi comuni sul mondo del lavoro.
Non mi ha dato fastidio la parola “scadimento”, ma “luoghi comuni”. Il problema dei luoghi comuni, che io odio fra l’altro, è che spesso hanno il brutto vizio di essere pure veritieri.
Io non so chi sia la persona che abbia scritto il commento, anche se il suo intervento mi ricorda tanto il modo di scrivere di qualcuno che conosco, ma posso assicurare che quello che ho scritto è la pura verità, è il risultato di uno sfogo di una persona schifata nell’assistere impotente allo scorrere sempre uguale delle cose.
Sono del parere che ognuno debba essere libero di avere la propria opinione quindi il commento lo pubblico lo stesso anche se in questo spazio potrei applicare anche io i miei editti bulgari e cancellare quello che mi reca fastidio.
La cosa che mi spiace è non avere in questo periodo abbastanza tempo per scrivere. Come ho sempre ripetuto, scrivere mi aiuta a buttare fuori i miei stati d’animo che altrimenti, a causa della mia natura schiva, rimarrebbero imprigionati nella gabbia della mia ritrosia.
Mi fa rabbia essere come sono. Vedo attorno a me gente che pur valendo zero riesce a vendersi a caro prezzo, io, a causa di questa infondata timidezza e fastidiosissima snobberia risulto svalutata. Ma tant’é.
Come ogni anno dovrei accingermi a fare il bilancio dell’anno che sta per finire ed elencare i buoni propositi che dovrei cercare di mantenere per l’anno nuovo. Utilizzerò di certo un altro luogo comune nel dire che il 2007 è passato così velocemente e con una furia devastante da sembrare un uragano. E come l’uragano ha lasciato un bel po’ di disordine. Adesso avrei due opportunità: inizio a rimettere a posto i cocci (ecco un altro luogo comune) oppure aspetto di vedere che tempo farà onde evitare spreco di energie.
Potrei dedicare il poco tempo a disposizione non a scrivere lamentele sul mio blog, ma a decidere sui regali di Natale. Tipo:
a) Per mio papà un libro, ma che dico libro, un dvd che illustri l’impatto emotivo dei messaggio che i media elettronici inviano, tipo: L’influsso della Tv analizzato rispetto ai contesti fruitivi e al vissuto del rimbambito televisivo.
b) Per mia mamma un ripetitore vocale, magari sotto le spoglie di un simpatico pupazzetto che riconosca i componenti della famiglia. Lei registra la frase, l’ammonimento, la raccomandazione del giorno e il pupazzetto ripeterà non appena uno dei familiari varca la soglia di casa. Così la smette di perdere la voce a forza di ripetere le stesse cose.
c) Per mia sorella e mio cognato una tata tedesca che educhi non solo i pargoli, ma anche i genitori e li guidi nella gestione familiare, perché fa acqua da tutte le parti;
d) Per mia zia un taumaturgo e guaritore così la smette di godere di tutti gli acciacchi e di elencarceli ogni volta che ci viene a trovare
e) Per mio zio una bella badante rumena, così molla la zia con la speranza che la smetta di accoglierle tutte in casa e farsi fregare volta per volta
f) Per il mio ragazzo una dose di sedativi da sciogliere di nascosto nel mio cappuccino
g) Per i miei colleghi….tante, belle, bellissime cose
h) Per me tanti buoni acquisto per scatoloni di zucchero, così correggo la mia storica acidità.
Alla fine mi basterebbe trascorre un Natale da cartoni animati: la neve, il freddo, il camino acceso, una tavola apparecchiata secondo i crismi del Santo Natale e attorno solamente la gente che amo veramente …. Me stessa! Scherzi a parte, vorrei trascorrerlo in modo sereno sul serio quest’anno. Vorrei fosse degno di essere raccontato sulle pagine di un diario o sul foglio elettronico di questa mia seconda casa virtuale.
I natali degli anni passati, da qualche decennio a questa parte, sembrano assomigliare a delle scene de “La grande abbuffata” se vogliamo rimanere in temi alti, altrimenti dovrei tirare fuori le cene e i pranzi delle sceneggiate napoletane durante le feste o le domeniche. Mi sovviene pure l’immagine famosa del film di Totò, quando sale sul tavolo e mangia gli spaghetti con un mano e con l’altra ne mette una parte in tasca.
Giuro, ultimamente le cene e i pranzi festivi di casa mia (o meglio quelli che passiamo a casa della zia) hanno preso questa piega. Basta immaginare lunghe tavolate piene di cibo: focacce, pizze, verdure, salsiccia, baccalà, finocchi, frutta, salsiccia secca, formaggi e vino, coca cola locale e acqua, quando ricordano che bisogna berla, almeno ogni tanto.
Fosse solo per il cibo, una confusione da festa popolare e voci, grida, risate insulse.
Si inizia con il brindisi di apertura. Si alza il prozio che assomiglia ad un troll nano, si riempie il bicchiere, si alza in piedi(fa poca differenza perché basso come è può pure rimanere seduto), stende il braccio e recita: “San Filippu, chistu è u primu ca cci ‘nficcu. Santu Brasi chistu è u primu ca cci trasi”. Applauso degli astanti.
Si inizia a mangiare. Nella mia famiglia non si gode se non ci si complica l’esistenza. Regola numero uno, non attingere mai dal piatto che hai davanti, ma da quello che sta dieci posti più in là. Risultato, braccia che si incrociano, posate che cadono, pezzi di cibo che scivolano sul tuo piatto, dita negli occhi e la mia focaccia senza cipolla persa chissà dove e mangiata da chissà chi. Aggiungo che prima di sederci a tavola la zia mi chiama e contenta mi dice: “Hai visto, hai le tue focacce a parte così nessuno le tocca” Evvivaddio!!!
Secondo brindisi seguito dal terzo, quarto, quinto e sesto. Gli animi si surriscaldano e iniziano le solite battutine a doppio senso che ogni anno sono sempre le stesse e sempre durante le solite portate di cibo. Sarò questo che li ispira? Penso proprio di si, ma per decoro evito di dire a quale cibo mi riferisco e le relative associazioni da devastati mentali.
Dieci minuti a mezzanotte, si alza un cugino che rincoglionito è dire poco che incalzato dal pubblico inizia a raccontare barzellette. Idiote, altrimenti non saremmo in linea con la serata. Anche quelle sono sempre le stesse ogni anno. A volte capita che presa dall’euforia mi metta a recitare la parte finale al mio vicino di tavola che spesso ride, ma che visto dal cugino nell’atto di ridere verrà preso di mira perché pensa stia ridendo per la comicità della barzelletta.
Quindici minuti dopo mezzanotte. Ci si accorge che è Natale, ma nessuno si è preso la briga di fare gli auguri a nessuno. Si alza una voce assonnata e sazia: “Allora, andiamo con questo panettone e che qualcuno faccia il caffè”.
Non so cosa succeda dopo, generalmente non resisto oltre e scappo via fino al prossimo Natale, solo che quest’anno il Natale lo passo a casa mia, quella veramente mia o per meglio dire della banca presso la quale sono correntista. Stavolta niente zii e cugini, niente barzellette e con le mie focacce messe finalmente al sicuro, almeno spero.

Commenti

  1. Il pensiero che facevi non era affatto banale.Proprio per quei luoghi comuni di cui parli.
    Ma di questo ti scriverò prossimamente.

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