Giovani pinocchi

Ai tempi delle superiori, una mia compagna di scuola che tutto amava fare fuorché studiare, per sfuggire alle interrogazioni o per giustificare assenze lunghe e ingiustificabili, usava tirare in ballo la scusa più vecchia e che comunque funziona ancora: le malattie dei parenti.
Dalla sua parte c’era il fatto che aveva due mamme. La mamma naturale e la mamma acquisita oltre al padre fedifrago, ma questa è un’altra storia.
Ricordo che al quinto anno le sue assenze hanno superato i limiti consentiti e le sue scuse hanno rasentato la fantascienza.
In ordine, quel povero uomo di suo padre quell’anno ha dovuto lottare contro: una cancrena al piede a causa di una caduta dal motorino, una epatite fulminante, un infarto preso fortunatamente in tempo. La recitazione era da oscar e la faccia della mia compagna di scuola bella tosta. Per giunta, i genitori non è che facessero a gara per partecipare alla vita scolastica della figlia, quindi, ogni loro assenza durante le riunioni scolastiche era più che giustificata dalle malattie che dovevano affrontare.
L’unico neo in questa tragica storia di famiglia lo trovò la professoressa di lettere che le chiese, durante il racconto dell’ennesima tragedia, come mai la sua compagna di banco si assentava con lei. La risposta fu bellissima: “E’ la mia migliore amica e mi sta vicino per darmi coraggio”.
Gli improperi della professoressa di italiano li ricordo ancora tutti anche se alla fine la mia compagna di scuola l’ha fatta franca ed è stata ammessa agli esami, assieme alla sua migliore amica.
Perché racconto tutto questo? Mi è venuta in mente la storia stamattina, perché la mia bionda collega, non paga del fatto che ha ricevuto ordine tassativo di non passarmi telefonate dal responsabile del reparto, ci prova in tutti i modi a passarmele lo stesso. Ogni scusa è buona e meriterebbe di essere scritta, ma quella di stamattina merita un’attenzione particolare. Cito testualmente la frase: “Potresti parlare con XY? Mi faresti una cortesia immensa, sai, gli è morta la mamma ieri ed è un pochino depresso, non gli va di richiamare”.
Eh? C’è un modo di dire dialettale che si usa dire quando uno è morto da poco e recita: se ancora u ciami arrispunni… La faccio mia e la metto nel contesto del discorso. Ma chi è questa persona che con la madre morta il giorno prima chiama al telefono per sfogare il suo dolore e caldamente raccomandare che è troppo depresso per ricomporre il numero?
Ragione mi porta a pensare che questo signore abbia una certa urgenza di avere la risposta poiché ha perso tempo a causa del lutto. Altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi, che qualcuno gli dia il numero di telefono di un medico bravo.
Stamattina ho preso un tipico dolce locale. Il ragazzo del bar mi ha ricordato che dentro c’era la carne e oggi è venerdì. A dire il vero non ci avevo pensato, ma l’ho preso lo stesso. In fondo se si deve rinunciare a qualcosa durante la quaresima, non credo sia il dolce o la carne (che fra l’altro non mi piace), ma deve essere qualcosa alla quale costa veramente rinunciare. Per esempio dovrei cercare di mantenere il mio aplomb inglese anche di fronte alle manovre insulse della collega. Infatti, oggi, mi sono comportata bene e invece di arrabbiarmi ci ho riso su. Meno quando mi hanno passato l’ennesimo cliente chiudendo subito la comunicazione onde evitare che gli rispondessi di no. Sono ottimista, troverò anche per questa strategia di guerra un contromossa degna di me.

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