IO INVECE

Periodo elettorale = Affissioni Manifesti.
In ogni luogo e in ogni dove compaiono i faccioni dei candidati. Ammiccano, sorridono, rassicurano con il loro sguardo vigile. Peccato che a furia di attaccare manifesti su manifesti, si scollino tutti e ricompaiono i faccioni dei candidati degli anni precedenti (che poi, in fin dei conti sono sempre gli stessi).
Poi ci sono le pubblicità in TV che sembrano i filmatini dei matrimoni: passeggiate sulla spiaggia in giacca e cravatta, su cavalcavia, ponti e autostrade, a braccetto con il presidente del partito.
E c’è sempre il tramonto, il sole che si tuffa nel mare, o si nasconde dietro i viadotti, e la gente sembra uscita da un telefilm americano ambientato nelle piccole contee: tutti sorridenti, tutti pronti a dare la mano all’uomo che fissa la telecamera e pronuncia il suo slogan.
(Slogan tutti uguali, ma Francois de la Rochefoulcault non diceva che il cervello limitato contiene una quantità illimitata di idiozie?)
A vederli sono meglio di Stanlio e Ollio la domenica pomeriggio.
Sono due giorni che mi sgolo per far capire alla gente che conosco la necessità di votare secondo coscienza e non secondo convenienza. Sono cocciuti come muli. Pensano sia normale seguire l’iter del chiedere, ottenere e sdebitarsi. Se le cose andassero bene non ci sarebbe bisogno di chiedere nulla, se la città venisse amministrata egregiamente non ci sarebbe bisogno di bussare alla porta di nessuno. La mia è la voce di uno che grida nel deserto.
San Giovanni Battista, alla fine ha incontrato Gesù, io invece?

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