Le solite noie

In questi giorni di campagna elettorale ho avuto modo di accorgermi che parallelamente ai comizi tenuti nelle piazze, al contatto con la gente o al programma che si declama a gran voce è d’uso per qualche candidato politico tenere riunioni segrete in case di privati. Gli inviti a partecipare non giungono mai ad alta voce, ma in tono sommesso, quasi da cospirazione.
Questo è quello che io chiamo il sottobosco della campagna elettorale.
Il cacciatore di funghi sa benissimo che per trovarne deve addentrarsi nel sottobosco. Se rimane a passeggiare su un bel sentiero, a sedersi sulle panchine ad osservare le famigliole durante i pic-nic, nel caso sia stanco, non porterà mai a casa dei funghi.
Il candidato politico esegue le stesse operazioni. La differenza che corre fra un cacciatore di funghi e un candidato politico è il rispetto per il sottobosco. Un cacciatore di funghi esperto non strapperà piantine, non danneggerà l’ambiente, non raccoglierà funghi velenosi . Il candidato politico, invece sì. L’importante per lui è raggiungere il traguardo.
In queste riunioni, il candidato politico veste i panni del divin Gesù. Moltiplica pani e pesci e a volte riesce pure a promettere di resuscitare Lazzaro. I suoi miracoli sono, spesso, solamente fumo, ma i devoti accorrono in massa.
Non mi è ancora chiaro come fare per ripulire il sottobosco da questi parassiti. L’unica speranza è che incappino nella ragnatela di qualche aracnide velenoso …
Intanto io continuo a camminare a testa bassa per non vedere tutti i sepolcri imbiancati che mi gironzolano attorno. Non che io sia una epicurea, anzi.
Chiusa in questo buco, poi, risutla più insopportabile l’aria di falsità che si respira. Io non sono la signorina dal broncio eterno, se mi rabbuio un motivo ci sarà. Non è che decido di alzarmi con il piede sbagliato e scagliare fulmini contro chiunque. E’ più comodo, anche se ipocrita, fare finta di nulla. Bollarmi come lunatica e mettere a tacere la questione. Anche io so fare finta di nulla, ma non tengo il coltello dalla parte del manico, altrimenti sarei più brava di loro nel recitare la parte della finta sorda, finta tonta o finta chicchessia.
Non mi ricordo chi ha detto che l’ipocrisia è un compito ventiquattro ore su ventiquattro. Se ciò è vero mi resta la magra consolazione che gli ipocriti nello sforzo di manifestarsi tali, lavorino e sudino quanto e più di me. Eppure questo non mi consola per niente.

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