Uffà, Uffà

Mi ero ripromessa di aspettare qualche giorno per permettere alla rabbia di sbollire, ma non credo funzionerebbe. Ieri notte l’ho passata quasi interamente sveglia perché mi tornavano in mente immagini, discorsi, mezze frasi che non mi sono andate giù.
Ieri sera sono andata via da un incontro con l’idea di essere totalmente incapace, per poi maturare l’idea, strada facendo, di non esserlo affatto. Quando ho accettato di far parte di questo comitato politico cittadino ero cosciente di non avere alcuna esperienza politica, come molti altri del resto, ma pensavo che bisognava iniziare da qualche parte perché le cose come vanno in questa città non mi piacciono affatto. Sono stata sempre presente, ho ascoltato i famosi “veterani” sperando di riuscire ad apprendere e capire i meccanismi, più complicati di sicuro delle formule matematiche, calcoli strutturali e idraulici con i quali ho a che fare ogni giorno. Ad onor del vero ho pure ascoltato enormi amenità, bla bla bla inutili e discorsi ridondanti. Alcune osservazioni erano semplicemente fuori contesto, altre solo pensieri sciolti, ma ho sempre prestato attenzione a tutto, anche alle scempiaggini più totali.
Invece cosa mi sento dire? Che siamo stati latitanti nel sostenere il candidato, che bisogna mettersi in gioco in prima persona. Cavolo, allora non ho capito nulla. Qualche giorno fa ho scritto su un mio post che mi sentivo la coscienza a posto perché in fondo nel mio piccolo ho lavorato. Ho parlato con la gente, anche con quella che tanto non ci sarebbe stato nulla da fare, ho proposto il nome del candidato, lasciato le immaginette sacre, spiegato come votare. Tutto questo in un periodo lavorativo e familiare frenetico. Non devo dare giustificazioni a nessuno. Non devo scusarmi della mia latitanza. Ho fatto quello che ho potuto e anche di più. Perché non si inizia a conoscerle personalmente le persone che fanno parte di questo comitato invece di fare discorsi generici. Le stesse persone che ieri puntavano il dito contro noi latitanti erano le stesse che hanno latitato.
Mi chiedo pure chi debba esporsi in prima persona. Io? E che vantaggio potrei portare? Nessuno. Non sono titolata, non ho una schiera illimitata di conoscenti e quella che ho non potrebbe votarmi, neppure a volerlo, a meno che non si trasferisca qui. Io credevo che fare politica significasse essere attivi sotto molti altri aspetti. Pensavo significasse essere propositivi, segnalare i disservizi, aiutare nell’organizzazione, essere presente dietro le quinte e non necessariamente sul palco.
A questo punto, di gente come me il direttivo non sa cosa farsene. Non sono una portatrice di voti e se è questo quello che vogliono gradirei che mi si dicesse: non ci servi, fai spazio a qualcun altro. Sarà che ieri sera avevo i cavoli miei e ho interpretato tutto in modo sbagliato? Lo spero, ma se ci si deve adoperare bisogna avere il modo ed i mezzi per farlo. Avere a che fare con gente che non sia presa tutta da sé stessa, che abbassi magari lo sguardo sotto il palco, fra la platea, e che la smetta di recitare il ruolo effimero da prima attrice della compagnia teatrale.
Fra i valori fondanti di questo partito ci sono la solidarietà, la fratellanza, la dignità e l’uguaglianza e per ultimo, ma non meno importante: il rispetto. E se poi è vero che lo stato deve convivere con la società civile, bisogna che il gruppo direttivo inizi a dare alla società civile gli strumenti per farne parte . Ieri non mi pare, salvo qualche eccezione, che ci fosse questa intenzione. Ieri sono andata via sbattendo metaforicamente la porta, abbastanza delusa ed arrabbiata. Capisco gli sfoghi, le amarezze delle sconfitte e la necessità della rimonta, ma non permetto che mi si dipinga come una scalda sedie.
A parte il fatto che odio stare seduta nell’ozio più totale, posso assicurare che avrei tante altre cose da fare anche urgenti e che se decido di stare ferma e immobile su una sedia un motivo ci sarà. Aggiungo che se spinta da motivazione lavoro talmente bene che alla fine, dimostrando i risultati qualcuno sarebbe disposto ad offrirmi non una sedia, ma un trono e una corona. Evviva la modestia.

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