Commiato 2

Non ho voglia di fare commenti sui nomi presenti nelle liste dei candidati a consigliere comunale, né voglio esprimere opinioni sui papabili assessori. Per questi ultimi, torno solo a ripetere che sarebbe stato meglio affidare l’incarico a persone meno note e più capaci. Tutto al contrario di quello che tutti e tre gli schieramenti hanno fatto. Io mi sentirei più tranquilla se a svolgere il ruolo di assessore (ruolo che dovrebbe essere più tecnico che politico) fosse qualcuno competente in materia e non solo uno che ha esperienza amministrativa. Comunque, il dado è stato tratto e non credo che la mia voce avrebbe potuto cambiare la situazione.
Ora inizia la commedia degli slogan sulle immaginette. Per qualcuno è già una commedia mettere la propria faccia, ma tant’è … L’anno scorso mi dava noia la parola Impegno. L’hanno usata praticamente quasi tutti. Poi si è visto come è andata.
Quest’anno non sopporto la parola CULTURA. Mi ha già dato fastidio ascoltarla, qualche giorno fa, da qualcuno che è convinto di aver contribuito ad elargire cultura in città. Grazie a questa sua magnificenza adesso siamo tutti un po’ più dotti e sensibili alle bellezze artistiche. Magari un giorno il suo mezzobusto occuperà il centro di una piazza, forse prenderà il posto della famosa fontana del corso e il suo nome sarà sulla bocca di tutti i turisti, accostato al nome del sommo poeta Quasimodo. Mah!
Che stia passando una fase di scoramento non ne faccio mistero. Di solito ascolto l’istinto e non sbaglio quasi mai. Stavolta ho agito seguendo la ragione, ma l’istinto mi porta a pensare male. Ho l’impressione che dell’impegno della gente comune chi tira i fili del potere, non sappia cosa farsene, tranne quando si tratta di essere partecipativi da un punto di vista economico (cosa che posso trovare giustificabile) o peggio ancora “fare numero”. Volessi fare numero, mi arruolerei in un gregge di pecore.
L’unica cosa che voglio fare seriamente è sostenere il candidato sindaco del PD della mia città. Non solo perché penso sia tecnicamente più preparato, ma perché supera di cento spanne, da un punto di vista umano, gli altri due. Io la penso così.
In secondo luogo, non voglio che il potere della famiglia Carrington degli Iblei (vedi Dynasty) straripi oltre misura, né che il Movimento Per le Assunzioni (così lo chiamo io) mi amministri. Purtroppo non mi fido della gente che sembra propensa a farsi abbindolare per l’ennesima volta.
Sono tentata a giocare come ho sempre fatto: da sola, in disparte. Non riesco a fare un gioco di squadra se la squadra non la sento mia e io no mi sento di appartenere alla squadra. E’ un problema che dipende da solo da me? Da un’analisi superficiale anche io sarei propensa per il sì, ma nel dubbio ho preferito approfondire e la bilancia non pende da una sola parte.

Commenti

  1. Se tutti avessimo chiaro che a rimetterci siamo sempre e solo noi, probabilmente verrebbe naturale "licenziare" chi non è stato all'altezza...
    Per certi versi il "fallimento" potrebbe anche tollerarsi, ma il disimpegno, la politica usata come fine e non come mezzo, spicciola e approssimativa, risultano davvero indigesti.
    Il mio istinto mi dice che vedremo un film già visto, ma nel mio piccolo, pur non sentendomi parte di alcuna squadra, giocherò la mia partita nella speranza di ribaltare i pronostici.
    Un saluto

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