Tutto é dentro quello che si vede oltre

Un giorno lontano, in un prossimo futuro, un gruppo di speleologi e archeologi, allertati da un piccolo reperto storico, scaveranno dove ora risiede la mia sede lavorativa e troveranno tracce di esistenze oramai passate assieme a tortuosi sentieri, frutto di altrettanto tortuosi modi di agire e di strategie contorte.
Se l’essere umano si distingue dall’animale grazie all’uso della ragione, in certi casi mi chiedo chi sia l’uomo e chi la vera bestia. Quando andavo alle elementari (tanto tempo fa) giocavo alla patata bollente.
Si riempiva il foglio di carta di numeri sparsi dallo zero al cento e con la penna, a turno, si doveva tracciare un sentiero contorto che congiungesse in ordine i numeri, ma rendesse ostico all’avversario fare altrettanto. Questo stesso metodo è adottato nel mio ambiente lavorativo.
O si tratta di una passione machiavellica di gestione delle risorse umane o semplicemente si possiede un cervello con i neuroni in sciopero.
Mi chiedo perché, quello che è lineare si debba necessariamente tramutare in un percorso ad ostacoli. Ci ho perso anni per capire che il mio modo di condurre il gioco poco si presta al loro modo. Io sono troppo chiara e diretta, non accetto i compromessi, non riesco ad essere ipocrita, fingere, svendere le cose alle quali tengo. E pensare che mi basterebbe poco: solo rapporti basati sulla chiarezza nel bene o nel male. Sarò presuntuosa e permalosa di sicuro, ma preferisco accettare una critica o un no motivati che una falsa promessa non mantenuta.
Per togliersi di dosso ( e di dentro) tutto questo mi piacerebbe tanto far rientro a casa e godere di una finestra, un balcone, una veranda, un buco con vista mare.
Una di quelle finestre che quando sei seduto dentro casa e osservi fuori vedi solo mare e cielo, come se non esistessero né confini, né terra. Io starei ore ad ascoltare e osservare il mare. La voce del mare ha in me l’effetto di una carezza consolatoria, è il luogo nel quale riesco a riflettere, fare chiarezza, dipanare la matassa dei miei pensieri contorti.
Quando ero piccola, la mia bisnonna mi raccontava la storia di una sirena che, vedendosi sola, giù negli abissi, rapì una bambina per farle compagnia. La storia non la ricordo più tanto bene, ma la bambina veniva salvata e faceva ritorno a casa. Per tutti sarebbe stato un lieto fine, ma potevo smentire sin da bambina la mia natura controcorrente? Io provavo dispiacere, pensavo che se fossi stata al posto di quella bambina, mai avrei abbandonato il mare e la possibilità di viverci dentro.
Così, ogni volta che capitava di andare al mare mi chinavo per guardare in fondo all’acqua. Speravo in cuor mio che quella sirena esistesse davvero e che sentendosi ancora sola, decidesse di rubarmi.
Purtroppo per me, le uniche sirene che vedo e che sento sono quelle dei vigili del fuoco, delle autoambulanze o della polizia o la voce di una signorina a me poco simpatica che rimbalza per i corridoi gridando : “Caffeeeeeeeeeeeeeee????????”
Un giorno, magari, potrò guardare oltre la finestra vista mare. Per ora mi accontento di guardare la foto di fari e di mari che ho sul monitor del mio computer e che procedo a cambiare giornalmente per evitare che mi vengano a noia.
Un giorno, forse, butterò dalla finestra vista città, quello che oramai per me è vecchio e stantio e ci andrò a vivere sul serio al mare.

Commenti

Post più popolari