La tragedia di un eroe

Ieri ho assistito al giuramento dei consiglieri. Mi ha fatto impressione osservare quelli del centro-destra. Tutti tirati a lucido, stesse guance rasate di fresco, stesso sguardo inespressivo, stessa aria tirata, medesima cravatta dal nodo largo e stesse scarpe di vernice. Sarebbe stata una bella idea prenderli tutti in blocco e portarli al museo delle cere: nessuno avrebbe notato la differenza fra le statue e questo gruppo di morti viventi. Avranno dimenticato di prendere un anti-acido per digerire il fatto che il sindaco non è pollo del loro allevamento, altrimenti non si spiegherebbero tutte queste bocche serrate a culetto di gallina.
Non ho assistito a tutto, per esempio durante il giuramento di un famoso salta fossi, ho deciso di andare via anche perché nessuno aveva a disposizione un antiemetico e poi era il MIO compleanno e ho preferito dedicare il resto della serata soltanto a me. Adesso non resta che aspettare e vedere cosa succede.
Stamattina ho letto su Repubblica stralci del diario dell’alpinista morto. Mi sono indignata.
Mi chiedo perché lo si debba fare passare per eroe, per un uomo coraggioso che ha osato spingersi dove altri hanno fallito. Per me il coraggio si misura in altre cose. Un eroe vero è chi compie azioni meno eclatanti, ma che hanno uno scopo, un valore.
Un eroe potrebbe essere un missionario che si sacrifica per gli altri; i medici senza frontiere; chi affronta con coraggio i tiri mancini del destino. Poi ci sono tanti piccoli eroi e sono coloro che svolgono lavori pesanti, snervanti, spesso umilianti, ma lo fanno con serenità.
Chi muore per il gusto di spingersi più in là non è un eroe, per me è uno spavaldo. Ci sono persone destinate a morire che contano i giorni sul calendario sperando di riuscire a terminare un progetto, vedere una persona cara, chiudere i conti in sospeso con la vita. Altre si alzano la mattina, ma non vedranno mai sera; altri ancora non vedranno più sorgere il sole. Il mio pensiero, la mia solidarietà e anche il mio affetto, va a tutta questa gente e non a chi, sprezzante del pericolo, vuole spingersi oltre.
Non è la natura che si ribella all’uomo. E’ l’uomo che dimentica di essere uomo e non Dio. Non penso che per confrontarsi con sé stessi bisogna necessariamente spingersi così oltre. Spesso ci vuole più forza a dire un sì, quando si vorrebbe dire no; passare sopra un’ingiustizia subita. Il coraggio non si misura con la potenza muscolare, il senso di orientamento o con il farsi beffa del pericolo.
Il coraggio per me ha un altro significato e nel caso dell’alpinista sarebbe stato quello di tornare indietro al primo cenno di paura. Adesso la sua famiglia cosa se ne farà del “suo” coraggio? Delle sue imprese resteranno solo delle foto, ma un eroe per me è anche chi sa accettare i propri limiti e non sputa in faccia alla vita, qualunque essa sia.

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