Ma quando arriva l'autunno?
Come ogni anno, arrivato il primo settembre tutti rientrano in blocco dalle loro casette di campagna, di montagna o dal mare. Come ogni anno le lamentele sono sempre le stesse. Nessuno ce la faceva più a sopportare la solitudine della campagna, la noia della montagna e il caldo umido del mare. Ma allora perché non restate in città?
E’ arrivato il primo settembre, ma non è arrivato l’autunno. Fa ancora tanto caldo e per molti altri giorni ancora ne farà. L’Estate è ancora qui. Carica di sole accecante e di giornate lunghe e pesanti. Ci saranno ancora lunghi pomeriggi nei quali l’unico desiderio sarebbe quello di chiudere gli occhi e dormire fino a quando non arrivi il vero autunno. E’ tutto troppo difficile in estate. Tutto troppo scomodo. E’ scomodo passeggiare, lavorare, fare sport, leggere, studiare o semplicemente rilassarsi. Non si può vivere con l’afa che ti prende alla gola e ti toglie la voglia pure di parlare. Non si possono avere bei pensieri, ottime idee se lo sguardo è mortificato da un paesaggio arido, secco, colorato di un giallo così acceso che ti offende la vista.
Non ho avuto una bella estate, fra virus, attacchi di cefalee, brontolii di stomaco e ricerche spasmodiche di miseri fili d’ombra. L’unico refrigerio sono stati i bagni, ma non si può rimanere in eterno in acqua, se fosse possibile scegliere avrei già acconsentito che mi venissero installate pinne e branchie.
Il mio unico desiderio, adesso, è quello che arrivi il fresco. Lo invoco ogni giorno, tento di acchiapparlo al primo alito di vento per costringerlo a rimanere. E’ ancora lontano, ma so che verrà. L’attesa che arrivi l’autunno è l’unica che non trovo dolce. So che quando arriverà, il carico di promesse che reca con se verrà, se non tutto, in maggior parte mantenuto. E so che poi arriverà pure l’inverno. Se solo cadesse la neve!
L’unica novità che mi ha recato l’estate è quella che dovrei smettere di lavorare, cambiare lavoro o dimezzare l’orario. Tutte e tre le soluzioni sono da cestinare. E’ comprovato, certificato, ampiamente dimostrato che le mie malattie dipendono tutte dallo stress al quale sono sottoposta. Saperlo non allevia il problema e averne parlato a chi di competenza ha comportato una dose di lavoro in più. Anche se infarcita di belle parole e intortata di magnifiche promesse la fregatura rimane.
Avrei una soluzione. Busso alle porte del comune. Visto che i nuovi messi comunali si rifiutano di notificare presentando certificati di malattia che il signor sindaco li mandi a casa e assuma me. Sarei ben lieta di notificare e abituata come sono a svolgere più cose assieme potrebbe pure risparmiare sui dipendenti.
Inoltre concordo con l’articolo che è apparso sul Corriere di Ragusa. Molti dipendenti sono maleducati, ignoranti e fannulloni. Ne ho avuto spesse volte la riprova. Qualcuno sbaglia l’ufficio per la sala mensa, o per un circolo ricreativo. Altri non stanno mai dentro l’ufficio. Qualche fesso lavora, il resto è arroccato nel ruolo del lavoratore fantasma.
Io sono sempre qui, visibile e volenterosa. Che faccio, vado?
E’ arrivato il primo settembre, ma non è arrivato l’autunno. Fa ancora tanto caldo e per molti altri giorni ancora ne farà. L’Estate è ancora qui. Carica di sole accecante e di giornate lunghe e pesanti. Ci saranno ancora lunghi pomeriggi nei quali l’unico desiderio sarebbe quello di chiudere gli occhi e dormire fino a quando non arrivi il vero autunno. E’ tutto troppo difficile in estate. Tutto troppo scomodo. E’ scomodo passeggiare, lavorare, fare sport, leggere, studiare o semplicemente rilassarsi. Non si può vivere con l’afa che ti prende alla gola e ti toglie la voglia pure di parlare. Non si possono avere bei pensieri, ottime idee se lo sguardo è mortificato da un paesaggio arido, secco, colorato di un giallo così acceso che ti offende la vista.
Non ho avuto una bella estate, fra virus, attacchi di cefalee, brontolii di stomaco e ricerche spasmodiche di miseri fili d’ombra. L’unico refrigerio sono stati i bagni, ma non si può rimanere in eterno in acqua, se fosse possibile scegliere avrei già acconsentito che mi venissero installate pinne e branchie.
Il mio unico desiderio, adesso, è quello che arrivi il fresco. Lo invoco ogni giorno, tento di acchiapparlo al primo alito di vento per costringerlo a rimanere. E’ ancora lontano, ma so che verrà. L’attesa che arrivi l’autunno è l’unica che non trovo dolce. So che quando arriverà, il carico di promesse che reca con se verrà, se non tutto, in maggior parte mantenuto. E so che poi arriverà pure l’inverno. Se solo cadesse la neve!
L’unica novità che mi ha recato l’estate è quella che dovrei smettere di lavorare, cambiare lavoro o dimezzare l’orario. Tutte e tre le soluzioni sono da cestinare. E’ comprovato, certificato, ampiamente dimostrato che le mie malattie dipendono tutte dallo stress al quale sono sottoposta. Saperlo non allevia il problema e averne parlato a chi di competenza ha comportato una dose di lavoro in più. Anche se infarcita di belle parole e intortata di magnifiche promesse la fregatura rimane.
Avrei una soluzione. Busso alle porte del comune. Visto che i nuovi messi comunali si rifiutano di notificare presentando certificati di malattia che il signor sindaco li mandi a casa e assuma me. Sarei ben lieta di notificare e abituata come sono a svolgere più cose assieme potrebbe pure risparmiare sui dipendenti.
Inoltre concordo con l’articolo che è apparso sul Corriere di Ragusa. Molti dipendenti sono maleducati, ignoranti e fannulloni. Ne ho avuto spesse volte la riprova. Qualcuno sbaglia l’ufficio per la sala mensa, o per un circolo ricreativo. Altri non stanno mai dentro l’ufficio. Qualche fesso lavora, il resto è arroccato nel ruolo del lavoratore fantasma.
Io sono sempre qui, visibile e volenterosa. Che faccio, vado?
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