Il ritorno del reggente


Tornare dopo 21 giorni di assenza dal lavoro (evento mai accaduto prima in vita mia) non mi ha fatto per nulla impressione. Sono tornata ed è come se invece di stare via 21 giorni avessi avuto a disposizione il solito fine settimana e cioè sabato e domenica.


Stranissima la mia capacità di adattamento anche se devo dire che per la prima volta in vita mia non ho avvertito la nostalgia del lavoro.
Posso confermare che le vacanze invernali sono sicuramente migliori di quelle estive. Peccato abbia piovuto quasi tutti i giorni e non ho potuto godere di molte passeggiate pomeridiane settimanali. Ma non si può chiedere la luna. Avere a disposizione tutti questi giorni è stato già un evento straordinario che mai più si ripeterà.
C’è tutto un mondo fuori dalla finestra del mio ufficio, ma non mi piace per niente. La maggior parte della gente è incivile e barbara. Chi dovrebbe fare rispettare l’ordine chiude spesso entrambi gli occhi. Peccato. Mi riferisco al solito problema dei parcheggi selvaggi, della cattiva disposizione delle auto, del menefreghismo della gente e di chi è addetto al servizio dell’ordine pubblico.
Il mio sogno sarebbe quello di potermi occupare per qualche tempo del traffico. Sogno che mai si realizzerà in grazia al quieto vivere dei cafoni e della mia incolumità fisica.
Quest’anno il mio fioretto è solo quello di non comportarmi bene, ma secondo intuito e coscienza. Tornerò a dire quello che penso, mandando all’aria i miei tentativi diplomatici che non hanno reso molto l’anno scorso.
Adesso ho molto meno tempo dell’anno passato. Ho pure una casa della quale occuparmi, figuriamoci se ho tempo e voglia di risultare simpatica alla gente paracula che tanto non sopporterei comunque. Se si nasce lupi non si può diventare agnellini e comunque non è detto che non possano esistere lupi onesti ed agnelli furbi.
Quello che spero, per quest’anno nuovo, è che cadano finalmente giù le maschere. Ci vuole un vento nuovo, un vento che spazzi via senza pietismi, incertezze e scelte di comodo quello che non va. Invece l’unico vento che è soffiato è quello che ha fatto cadere un po’ di tetto di casa mia diminuendo il mio conto in banca e aumentando i giorni che mi separano dal mio cucciolo di cane.
Non è un discorso ideologico. Le ideologie le ho messe da parte da un po’, anche se per quel che mi riguarda scelgo sempre di fare scelte coerenti con quello nel quale credo. Vorrei che la mia città si svegliasse. Ma quante volte l’avrò detto? E poi vorrei che si dileguassero tutti questi falsi intellettualoidi e artisti che proprio non se ne può più.
Ora abbiamo un nuovo acquisto pseudo fotografo e pseudo regista. Se ne sentiva proprio la mancanza. Ma perché mai la gente deve vedere cose mirabolanti nelle cose più pacchiane e semplici non l’ho mai capito.
Per la cronaca: Anni Difficili, non è “Un film su Modica” come qualche babbalecco infinocchia ai turisti. E’ basato su un libro di novelle di Vitaliano Brancati. Il libro si intitola “Il vecchio con gli Stivali”. Allo stesso babbalecco ignorante suggerirei di vedere anche “Sicilia”. Il film di Danièle Huillet e Jean-Marie Straub è basato su Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini. Se non sa chi sia Elio Vittorini è meglio si sottragga alle mie grinfie …
Ma perché la gente a furia di parlarsi addosso non misura mai le parole e scade in luoghi comuni e agghiaccianti amenità? L’ultima l’ho sentita da un passante che parlando con un altro signore diceva “… sì, sì, mi chiamo Modica, come la cioccolata!” Evvivaddio.

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