Impossibili Addii

In tanti giorni di assenza di quante cose vorrei scrivere. Soprattutto vorrei fare prendere forma ai discorsi che si affollano nella mia mente. Vorrei scrivere delle ingiustizie che ho subito, degli sgarbi, delle mie piccole e inutili vittorie da “ve lo avevo detto” e pure delle mie grandi delusioni.
Ogni giorno più straniera in questo luogo così familiare. La gente con cui non lego, il clima che non mi piace, il paesaggio che mi deprime, la mancanza del senso di appartenenza, di quello’orgoglio che ti fa dire di essere cittadina di …. Dove si trovi la mia Avalon ancora non lo so. Intanto nulla è mutato.
In questi giorni di assenza ho cercato di vivere nella realtà, ma è troppo difficile adattarsi. Mi sono alzata ogni mattina piena di buoni propositi, di pensieri positivi, ma non ho fatto in tempo a mettere il piede fuori dal portone di casa che già tutto si é infranto. Perché è così difficile vivere in questo posto? Magari rischio di idealizzare posti, paesi, piccoli angoli di mondo solo perché non ci sono mai stata.
Scappare per non risolvere il problema?
La mia non sarebbe una fuga, ma un obiettivo raggiunto. Sarei il Piccolo Principe che torna sul suo pianeta, Ulisse che fa ritorno ad Itaca. Sarebbe un ricongiungimento con quella parte di me che qui non vive.
Qualunque lavoro, qualunque mansione pur di tagliere con ciò che ho adesso. L’importante è che sia fuori da qui, lontana da questo luogo, da questa città che non amo, da questa gente dall’ego smisurato e dall’animo piccolo. Non ci sono fermenti, ispirazioni, idee. Tutto si frantuma contro quest’aria vecchia e immobile da secoli.
Ieri ho deciso di fare parte della folla, di integrarmi fra coloro che all’uscita di una statua in cartapesta di un cavaliere che a cavallo di un bianco destriero uccide il drago, va in visibilio. Ma quale entusiasmo si può mai provare di fronte a ciò? Quale miracolo accade tale da risvegliare le coscienze delle persone che vivono nella piattezza più totale? Quale nobiltà ha, se c’è l’ha, un sentimento come questo?
Io non voglio statue da adorare, non voglio palloncini colorati, stecche di zucchero filato e mele candite. Non voglio cedri inzuppati nel sale e nel peperoncino. Questo non mi rallegra. Semmai mi porta a scappare ancora di più. Io vorrei una città piena di luci come se fosse sempre Natale, voglio una biblioteca dove potere andare, un parco dove passeggiare, un bar/caffetterie con le vetrate stile inglese, accogliente, dove rifugiarmi. Non voglio essere falciata dalla prima auto che per le stradine del centro storico corre a 70 all’ora, non voglio subire ogni giorno le prepotenze della gente, non voglio assistere ai soliti teatrini del capo padrone-suddito leccapiedi. Lasciatemi andare via. Lasciate che mi venga data l’occasione per farlo. Toglierò il disturbo in un attimo e mai nessuno si accorgerà della mia assenza perché la mia presenza non è mai stata notata.
Risparmiatemi le vignette idiote sui giornali on line locali, gli articoloni con le svisate nei giornali locali. Risparmiatemi la solita menzogna del siamo tutti uguali. Toglietemi davanti coloro che professano idee di uguaglianza, unità, ideali di ipotetici crolli di barriere sociali e poi diventano presidenti dei Rotary Club, organizzano passeggiate per le città iblee assieme agli associati del prezioso club e pubblicano foto di donne in pelliccia e uomini in Burberry che fanno Ciao, Ciao, con la manina.
Non mi va neppure di continuare a cercare un dialogo che mi viene negato, di rodermi se un collega ottiene promozioni e riconoscimenti senza avere mai alzato un dito e passando il suo tempo a ritoccare foto, scrivere scemenze su facebook o scaricare upgrade per l’ultimo gingillo di elettronica che ha comprato. Tutto ciò solo perché conosce qualcuno che è amico di qualcun altro …. E intanto la catena continua e gli ideali vanno a farsi benedire assieme agli sciocchi candidi come me che credono ancora al riscatto dell’onesto.
Piuttosto che continuare ad agitarmi dentro questa gabbia troppo stretta, rompo le sbarre e vado via. Eppure mi vogliono qui, continuano a tenermi intrappolata e il mio disamore per tutto quello che mi circonda cresce a dismisura.
Così dico quello che penso, continuo a non mentire a non essere ipocrita, ma dico tutto con quella punta di acidità che mi fa pentire di avere aperto bocca, nonostante abbia detto la verità. Non mi piace questa stretta di stomaco che assomiglia tanto all’invidia quando mi tocca assistere alle vittorie facili altrui. Significa che a parlare non è il mio senso di ingiustizia? Vuol dire che mi rode e basta. Non voglio diventare come tutti gli altri, per questo chiedo di potere andare via o se proprio non è possibile, permettetemi di stare in un angolo senza venire disturbata, almeno posso fingere che gli altri non esistono.

Commenti

  1. non ho parole
    un pugno allo stomaco
    incredibile
    grazie

    annozero

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  2. Vorrei autenticità. Vorrei essenzialità. Credo sia questo che manchi. Ma forse manca dappertutto...
    E' solo che qui, dove siamo nati, le nostre prigioni sono + palesi.
    Ho pensato diverse volte di andare via, solo perchè penso che altrove sarei + brava a respirare.
    Ma non è ancora possibile. Così intanto provo a respirare qui...
    Un abbraccio.

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