Atlante e gli impiastri del pianeta terra
Quasi ogni giorno mi sveglio con il piede sbagliato, faccio violenza su me stessa per non esplodere, ma, nonostante mi capiti di rispondere male alle persone con cui condivido la mia quotidianità privata, mai lo faccio nel posto di lavoro. Per prima cosa bisogna essere professionali, quindi, stringo i denti e faccio finta di nulla. Purtroppo così non è per qualcuno che si può permettere di sbraitare, aggredire, sottolineare, cercare il pelo nell’uovo, e peggio ancora: comportarsi da suocera.
Eppure oggi sembrava essere una giornata buona. Ho pure indossato la camicia nuova, quella con le maniche a sbuffo ed i fiocchi ai polsi. Avevo voglia di fare una passeggiata dopo il lavoro, mangiare un gelato, passeggiare per il centro, guardare le vetrine, comprare un quaderno e una penna (compro sempre quaderni e penne, chissà perché). Invece qualcuno ha rovinato tutto. Forse la faccio lo stesso la passeggiata in centro. Magari mi svago un po’ e che vadano a farsi benedire i colleghi molesti, le faccende da sbrigare ed il mio buonsenso da nonna.
Lo sapevo non sarebbe stato semplice, ma accidenti quanto è dura. Ci fosse almeno un solo giorno spensierato, terminassero i compromessi e i falsi sorrisi a denti stretti.
La sintesi esiste eccome! Delle critiche altrui non mi importa nulla. Sono le mie che mi mettono paura. Sono feroce quando faccio autocritica. Sono maledettamente metodica, precisa, devo calcolare, preventivare, soppesare tutto. Non sopporto la sola idea di sbagliare, figuriamoci quando sbaglio. Vorrei essere più leggera, meno calcolatrice, meno inquadrata. Sono diventata una specie di software. Mi inputo i dati, elaboro, calcolo, ma quando vivo? Boh!
Oggi al bar, alcuni noti esponenti politici della città, osservavano una statuetta poggiata su una mensola:
Un uomo che regge il mondo.
Domanda uno: "Ma questa statua cosa è? Cosa rappresenta?
Il secondo “Ma è una cosa del passato, un uomo di una favola. Aspetta come si chiamava?”
Il terzo “Atlantide. Si chiamava Atlantide”
Il primo replica “Ah! Atlantide, la città sommersa”
se revisionano i conti come conoscono la mitologia greca siamo a cavallo... di somari, ma a cavallo
Eppure oggi sembrava essere una giornata buona. Ho pure indossato la camicia nuova, quella con le maniche a sbuffo ed i fiocchi ai polsi. Avevo voglia di fare una passeggiata dopo il lavoro, mangiare un gelato, passeggiare per il centro, guardare le vetrine, comprare un quaderno e una penna (compro sempre quaderni e penne, chissà perché). Invece qualcuno ha rovinato tutto. Forse la faccio lo stesso la passeggiata in centro. Magari mi svago un po’ e che vadano a farsi benedire i colleghi molesti, le faccende da sbrigare ed il mio buonsenso da nonna.
Lo sapevo non sarebbe stato semplice, ma accidenti quanto è dura. Ci fosse almeno un solo giorno spensierato, terminassero i compromessi e i falsi sorrisi a denti stretti.
La sintesi esiste eccome! Delle critiche altrui non mi importa nulla. Sono le mie che mi mettono paura. Sono feroce quando faccio autocritica. Sono maledettamente metodica, precisa, devo calcolare, preventivare, soppesare tutto. Non sopporto la sola idea di sbagliare, figuriamoci quando sbaglio. Vorrei essere più leggera, meno calcolatrice, meno inquadrata. Sono diventata una specie di software. Mi inputo i dati, elaboro, calcolo, ma quando vivo? Boh!
Oggi al bar, alcuni noti esponenti politici della città, osservavano una statuetta poggiata su una mensola:
Un uomo che regge il mondo.
Domanda uno: "Ma questa statua cosa è? Cosa rappresenta?
Il secondo “Ma è una cosa del passato, un uomo di una favola. Aspetta come si chiamava?”
Il terzo “Atlantide. Si chiamava Atlantide”
Il primo replica “Ah! Atlantide, la città sommersa”
se revisionano i conti come conoscono la mitologia greca siamo a cavallo... di somari, ma a cavallo
… altra palla da aggiungere al mio pallottoliere, quando tirerò le giuste somme.
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