Scendo giù a prendere un caffé

... scendo giù a prendere un caffé, scusami un attimo

Proprio come nella canzone di Paolo Conte e come nelle scuse più vecchie e obsolete (con la variante delle sigarette al posto del caffé) userei questa scusa per uscire dal mio ufficio e non tornare più. Peccato che non fumi e non beva nemmeno caffé. Devo cercare una scusa più credibile, che ne so, oggi non posso perché la mia religione mi vieta di lavorare il lunedì, il martedì, il mercoledì, il giovedì, il venerdì, ma il sabato e la domenica torno cattolica.
Il mio umore resta nero. Nuvoloso invariabile. Qui nessuna nuova, o almeno solo novità che rendono il mio umore ancora più nuvoloso.
Siccome non voglio diventare lagnosa, mi fermo qui. Dico solo che stasera, per rallegrami ho un bel saggio di danza con annesso uno dei miei famosi mal di testa.
Ovviamente non danzo io, anche se da piccola era uno dei miei sogni. E' la mia nipotina (quasi nipotona) che si cimenterà nei virtuosismi del balletto.
Io resterò seduta, fra gente che sbagliando lo spettacolo per la festa dell'Unità (ma guarda, l'avevo dimenticata) passerà il tempo ad ingurgitare panini e patatine. Poi ci saranno i soliti scarafaggi volanti che mi fanno impressione, ma meno della gente che ingurgita panini. Poi ci sarà l'umidità tipica delle sere al mare che mi farà diventare i capelli come Piperita Patty e poi ci sarà il mio malumore che di solito mi rende muta tutta la giornata salvo poi sciogliermi la lingua la sera e farmi dire le cose che penso, ma che non dovrei dire.
Ad majora ... (sì, sì .... non ci credo più).


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