Nostalgia
Ho nostalgia. Sono qui da soli tre giorni e tutto mi manca. Mi mancano i prati verdi, i boschi dove chiunque può munirsi di cestino e raccogliere i frutti di bosco. Mi mancano le scogliere e l’oceano, le piccole città piene di case ordinate, di parchi, di laghetti con cigni e paperelle. Mi manca il cielo colore indaco e il venticello leggero, le caffetterie, i negozi con i dolci esposti in vetrina, i castelli medievali, gli orologi delle torri. Quasi, quasi mi manca pure la moquette onnipresente. Città a mia misura e per il mio umore. Ora, invece, sono qui e mi sembra di non essermi mai mossa da questo luogo caotico. Il ricordo di questo viaggio rimane indelebile e lo custodisco come qualcosa di prezioso, perché preziose non sono solo le gemme. Avrei voluto che ad attendermi ci fosse stato almeno un po’ di autunno e non 40° all’ombra. Ma tant’è!
Intendiamoci, il mio problema non è quello che hanno quasi tutti quelli che devono tornare al lavoro dopo una vacanza. Il mio problema non è la noia della routine, la tristezza per le vacanze finite, il dover riprendere tutto da dove si era lasciato. No, il mio problema è forse ancora più grave. Io sono triste perché avevo trovato la mia dimensione e ho dovuto abbandonarla per tornare in questo luogo che sento nemico ed estraneo.
Come scrisse Shakespeare è tempo di to take arms against a sea of troubles!
Voglio tornare in Cornovaglia, rivoglio le mie colazioni inglesi, i tea, i dolcetti , i parchi dove leggere un libro durante la pausa pranzo, le cene alle sei di sera, i pub e la gente stramba che li frequenta. Avevo pure iniziato a parlare degnamente la lingua. Invece sono di nuovo qui in questa arida, meschina, misera terra arsa dal sole e bruciata dall’afa. No, stavolta nemmeno Vittorini può tirarmi su il morale. Ora che la mia città del mondo so dove si trova.
Voglio tornare in Cornovaglia, rivoglio le mie colazioni inglesi, i tea, i dolcetti , i parchi dove leggere un libro durante la pausa pranzo, le cene alle sei di sera, i pub e la gente stramba che li frequenta. Avevo pure iniziato a parlare degnamente la lingua. Invece sono di nuovo qui in questa arida, meschina, misera terra arsa dal sole e bruciata dall’afa. No, stavolta nemmeno Vittorini può tirarmi su il morale. Ora che la mia città del mondo so dove si trova.
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