A Lust

Il mio amico Lust ha ragione. Dovrei uscire dal mio guscio, abbandonare il mio palazzo polveroso, mettere da parte il mio rigore morale e smetterla di voler controllare tutto. Ha ragione anche quando mi dice che la mia paura del disordine è solo uno schermo per non dovermi confrontare con gli eventi che so di non sapere controllare. E’ vero. Lo so, ne sono cosciente, ma …
Quando decido di abbandonare il mio ruolo da Regina delle Ombre, come qualcuno qui dentro mi ha battezzata, mi imbatto in un re dei …. e qui ci starebbe un epiteto, ma glisso e vado avanti.
Però ho deciso di accettare il consiglio di Lust e di non curarmi di loro, ma di guardare e passare oltre.
Certo è che il non aver risposto alla provocazione ieri l’altro non mi fa sentire meglio o superiore, né mi ha messo in pace con il mondo né con il mio sé.
Il fatto di sapere per certo che questo collega è un cretino, non mi fa provare tenerezza nei suo confronti, anzi, lo infilzerei come uno spaventapasseri su un palo a reggere in mano un tabellone che recita a caratteri cubitali e lampeggianti: CRE-TI-NO CRE-TI-NO.
Ieri sono rimasta a casa e ho dimenticato che il cretino esiste. Ho dimenticato che passo più tempo ad arrabbiarmi qui dentro che a vivere fuori. Ho letto, ho ascoltato musica, sono rimasta in totale silenzio. E ho capito che non me ne frega niente di tutti quelli che mi passano sopra con la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli (aiuto …. Ho usato una frase fatta!!!). Io riesco ancora a trovare i miei spazi per fantasticare, riesco ancora a leggere fra le righe di un racconto o ad emozionarmi per una canzone che non sia di Gigi D’Alessio o Killing me softly, canzone che ama il mio collega cretino. Però, a pensarci bene, volendo prendere alla lettera il titolo della canzone …

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