Casa dolce (?) casa
Stare in apprensione per qualcosa sbrana a piccoli bocconi, eppure sbrana, gran parte della propria vita. Ci sono motivi validi per stare in apprensione e spesso giustificati. Lo fa una mamma che veglia sul sonno dei propri figli. Lo fa uno studente per la sua prima interrogazione. Lo fa un malato che aspetta di sapere quale sia la sua malattia. Poi ci sono motivi meno giustificabili dovuti alla sfortuna e pure all’imperizia altrui. Da quando, nel dicembre del 2008, il vento ha strappato via il cornicione del terrazzo facendolo finire una parte su un’auto in sosta e un’altra su una macchina in transito io credo di aver perso dieci anni di vita e di aver guadagnato un pugno di capelli bianchi in più. E’ buffo dover ammettere che nella sfortuna sono stata fortunata. Nessuno si è fatto male, a parte me. Perché da quel momento ogni singolo alito di vento, ogni piccola goccia di pioggia o tremolio dovuto ad un camion che passa per la strada mi causano veri e propri attacchi di panico. Ogni volta che suona il campanello di casa e non aspetto nessuno, mi immagino chissà quale altra catastrofe. Vivere in questa casa mi fa stare in apprensione ed è un controsenso, perché la casa accoglie, protegge dal mondo lì fuori e invece sono io che devo proteggermi.
Io non so se esistono medicine, metodi o parole magiche per scacciare via questo fantasma dalla mia testa, ma mi rendo conto che ogni volta che spolvero un soprammobile, ogni volta che cucino una torta o sto seduta sul divano a leggere un libro o a guardare il mio telefilm preferito non riesco a goderne in pieno perché temo che la casa che mi accoglie possa decidere di tirarmi un altro brutto scherzo. Come se non bastassero i gechi!
Ho passato buona parte delle ferie a renderla più accogliente, ma questo non basta a renderla più sicura. Ci vorrebbero molti soldi che adesso non ho e che non credo avrò nei prossimi anni visto come vanno le cose. Così non mi resta che stare in apprensione perché non posso seguire la mia natura di porre rimedio al problema, ma mi tocca stare con le braccia incrociate a sperare che l’altrui imperizia non abbia causato altri danni dei quali non me ne sono ancora accorta.
Ora mi chiedo: Cosa c’è di motivato nello stare in apprensione per la propria casa? Non lo so proprio. Di sicuro non avrò in cambio il sorriso di un figlio che vede la mamma al suo risveglio, non mi sentirò sollevata dall’interrogazione andata bene o da un ventotto (non aspiriamo al 30) scritto sul libretto universitario, né potrò tirare un sospiro di sollievo per un referto medico che non preannuncia nulla di grave.
L’unica cosa che posso fare sarebbe disfarsene, ma anche questo è difficile. Sembra che questa casa mi odi, ma mi voglia con sè. O forse è colpa mia? Magari è il mio animo a non essere candido e casa assorbe i miei malumori, le mie insicurezze, le mie paure, le mie insoddisfazioni. O peggio ancora, si tratta della somma di tutti i sentimenti negativi miei e di tutti quelli che l’hanno vissuta in passato.
Intanto l’Autunno si avvicina e alla mia gioia per la vendemmia e quindi il mosto dolce, le castagne arrostite, le torte di mele e i colori giallo-arancione degli alberi si somma l’apprensione per un inverno che ha da venire con le sue piogge, il suo vento e l’incertezza del cosa accadrà.
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