Auguri


Ho scaricato una graziosa immaginetta su internet, l’ho composta assieme ad una frase di mia invenzione in un elegante, ma originale, biglietto di auguri di buon compleanno e ho postato tutto via mail.
Basta e avanza per un’amica che  il giorno del “tuo” compleanno chiede al marito di fare una telefonata nel tardo pomeriggio perché lei non se la sente di stare al telefono perché ha le paturnie?
Sì, avanza! Soprattutto adesso che ho i fatti miei da curare.
Mi è sempre piaciuto ricordare i compleanni o le ricorrenze delle persone  che credevo di voler bene.  Da questo punto di vista sono una brava “donna di casa”, stile Bree di Casalinghe Disperate. Preparo torte decorate con le mie manine, impasto muffin, cookies e altri pasticci da regalare, spedisco fiori ai fortunati festeggiati. Mai una volta, dico MAI, che qualcuno si ricordi della mia festa. Ho sempre continuato a comportarmi  allo stesso modo, trascurando di chiedermi come mai. Adesso ho deciso che smetto. Sì, è vero che l’importante è dare e non ricevere. Ma qui non stiamo parlando di beneficenza, ma di rapporti fra amici o parenti. La cosa principale non è che non si ricevono regali, ma che si dimenticano di te. Anche una semplice telefonata di auguri basterebbe. E invece il nulla.
Poi capita che persone che conosci da poco tempo ti pensino e questo stravolge la teoria che i vecchi amici bisogna sempre tenerli cari. Non è vero. A volte, una persona conosciuta da poco tempo vale più di tutti gli amici di vecchia data che si possano avere. Almeno  nel mio caso.
Ieri, passando un’altra notte quasi insonne mi sono messa a pensare agli amici persi per strada e cosa che mi stupisce, non li ho mai persi per colpa mia, ma per strafottenza o leggerezza loro. Strano, no? E altrettanto strano è che non ho per amico una donna. Mi ero illusa di averla trovata un paio di volte o tre. Mi ero sbagliata. Mi accontento degli amici maschi. Di sicuro meno invidiosi, falsi, ipocriti, lunatici delle donne.
Sarà che sono a pezzi per i fatti miei, ma sono meno propensa a perdonare o a giustificare gli scivoloni altrui. Per esempio, un’amica che dopo aver sposato un marito ricco ti mette da parte perché ormai deve preoccuparsi delle frequentazioni più altolocate, non è un’amica persa, ma una stronza in meno fra i piedi.
Un’altra amica che ti ospita a casa per cena e nel frattempo riceve la visita inaspettata del suo miglior amico storico e ti ignora palesemente, voltandoti le spalle e chiacchierando a fil di voce con lui, lasciandoti in balia dei racconti di una bambina di dieci anni, è solo una cafona.
La stessa amica che ti inviata nuovamente a cena e non tocca cibo perché dice che ormai quel menu le è venuto a noi, ma ormai l’invito era dovuto, lasciandoti in un disagio enorme, non è solo cafona è peggio.
Sì, sempre la stessa amica che lascia telefonare il marito per farti gli auguri, perché lei è giù.
La stessa amica che fino a quando aveva bisogno di sfogarsi, di parlare, di chiedere sostegno non ti mollava mai, nemmeno nei momenti meno opportuni. E tu cercavi di mettere a tacere la vocina dentro di te, quella più maliziosa che ti suggeriva il dubbio del perché parlasse sempre e solo di sè. Ora ti rendi conto che la vocina maliziosa aveva ragione. Adesso che il suo momento no è passato. Adesso che le è uscita la carta della buona sorte non ha più bisogno di appoggio e può dedicarsi ad altro finché la carta di nuovo non girerà, se girerà, ma stavolta non ci sarò.
Stavolta ho altre piantine da curare. Per questo oggi quello che ho fatto non solo avanza, trabocca.

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