Buon Natale, amica mia.

€ 522,54. E’ la somma che ho speso per comprare materiale di qualità per garantire prodotti di qualità. Una somma che, quando ho tirato le somme, mi ha fatto saltare dalla sedia. Una somma spesa pensando di investire e provare a buttarmi in qualcosa. Smetterla di denigrare ogni cosa che esce dalle mie mani e provare l’impatto che ha sulla gente.  Non mi ero creata aspettative. Non mi aspettavo il botto, ma nemmeno il fallimento totale. Ho lavorato fino a notte fonda, durante l’ora della pausa pranzo rinunciando spesso al pranzo. Ho lavorato durante le lunghe conversazioni telefoniche di lavoro. Ho sacrificato tutti i fine settimana . Mi sono bruciata, graffiata, escoriata, tagliata e distorta le mani.  Ho pure dovuto studiare la locandina e stamparla (a mie spese) perché lei non voleva entrarci in queste cose, non è brava come me.
Poi, a 24 ore dall’evento, il pomeriggio mi viene di aprire la mia pagina Facebook e trovo un messaggio:
Ciao, ascolta, ho appena sentito X, finalmente sono riuscita a beccarla dopo vari tentativi andati miseramente a vuoto. Lei si era scordata tutta la faccenda, d'altra parte è passato abbastanza tempo, mi è sembrata un po' in imbarazzo x questo, quindi le ho detto che non doveva farsi alcun problema, si poteva annullare il tutto o rimandare....volevo comunicartelo....possibilmente non se ne fa nulla.. Pazienza. Per quanto mi riguarda, poco male, tanto non funzionerebbe, non ha funzionato a CT x la seconda volta figuriamoci qui da noi, che siamo ridotti ad una manicata di pezzenti...ieri sera mia sorella è tornata a CT x il secondo evento....al solito tanti complimenti, ma x il resto una cippa lippa....che ti devo dire, scusami se ti ho fatto ammazzare a creare, la colpa è in parte mia che non sono stata tempestiva nell'avvisare X,  ma ho avuto giornate di fuoco, e la settimana non è ancora finita....Se cambia qualcosa ti avverto tempestivamente, ti abbraccio, ciao.

Ora. Il messaggio era del pomeriggio precedente. La tizia sapeva che io stavo andando avanti con i lavori e con il manifesto. Sapeva che lavorando tutto il giorno dovevo per forza fare notte. Sapeva e non ha usato lo strumento più veloce che possedeva per avvisarmi. Non mi riferisco al telegramma, ma al telefono.
Sei mia amica. Ti professi tale. Allora avvisami. Non mandarmi un messaggio che sai pure leggerò chissà quando. Dovrei scusarti per questo? Qual è stata la tua settimana di fuoco? La tua misera depressione da non venduto dei tuoi due mercatini. Ecco qual  è stata. Ti ha stremata la riunione dei genitori? Il consiglio di classe? Non credo. Hai mai provato a lavorare nove ore al giorno belle piene? Non penso.
A me non importa se la cosa è andata a monte o meno. E’ la mancanza di considerazione nei miei confronti che mi fa uscire fuori dai gangheri. Tu che fai il bello e cattivo tempo. Tu che inizi per la seconda volta un progetto comune e poi ti tiri indietro senza avere la decenza di avvisarmi. Tu che fallisci e trascini  me nel fallimento. Magari io non avrei fallito. Che ne sai? E poi ce l’ho con me. Perché non ho ascoltato la mia vocina? Quella che mi suggeriva di non darti retta. Perché sei completamente avulsa dal sistema sociale. Saresti da ricovero. E non ti giustifico dicendo che sei mentalmente instabile e soggetta a depressioni inaspettate. Perché qualche altro lo chiami al telefono per sapere come sta. Qualche altro lo chiami al telefono per complimentarti del fatto che è diventato maestro di ruolo. Qualche altro lo chiami perché è da tempo che non lo sentivi. Hai solo dimenticato di chiamare me? Tu lo sapevi che ero nel caos. E non hai nemmeno chiesto quanto ho speso per i manifesti. Sai che ti dico? Che mi dispiace altamente non averti mandata a quel paese perché non volevo che nella mia arrabbiatura finissero per essere inficiati i rapporti di persone che si vogliono bene e si stimano da anni. Non posso mandarti a quel paese, ma posso definitivamente ignorarti. Non ci saranno altre occasioni di recupero perché non mi interessa proprio. Qualsiasi spiraglio di recupero che avevo deciso di lasciarti è ormai cementificato, chiuso, reso ermetico. Tu non esisti. Non sporco l’aria che respiro delle tue incessanti lamentele. Tu che hai tutto e vuoi ancora di più. Per carità, desiderare è lecito, ma non a scapito degli altri, del loro tempo e delle loro disponibilità. Sei una persona che non vale nulla. Sei la solita figlia di papà. Cresciuta nella bambagia e che si inventava malesseri inesistenti. Sei quel genere di persona che adora succhiare il sangue della gente fino a che non la sfinisce e poi passa ad una altro.
Non siamo in monarchia. Non sei la regina che deve avere servi ai suoi piedi. Io, a differenza tua, ho le spalle larghe. Io non crollo psicologicamente solo perché mi avevano promesso la caramella e poi non me l’hanno data. E poi chi ti credi di essere? Il mondo non aspettava la tua grande rivelazione artistica. Credimi. Non sei l’unica al mondo. Smettila di crederti tale. Mi avete rotto le scatole tu, la tua arroganza, la tua incuria, la tua sensibilità telecomandata, la tua incostanza, il tuo egoismo, la tua faccia, la tua voce, tutto il tuo essere. Ti auguro un felice Natale, sommersa dalla tue nuove palle di carta che, fra l’altro, faceva mio nipote all’asilo, fra i tuoi centrotavola di design artigianale, con i tuoi  manufatti impacchettati in carta regalo, con le tue ceramiche di lladro sul cassettone antico del tuo tris tris tris trisavolo e i fantasmi della tua mente malata che ti assicuro, se ti comportassi con tutti così, rimarrebbero gli unici a tenerti compagnia.

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