Waiting for the storm

By Laura Olivero
Mmh…vediamo. Questa  macedonia di rapporti che vedo in giro non mi piace proprio. Colleghi, amici, amici-colleghi, colleghi-amici, falsi amici-amici e amici-falsi amici. Di tutto un po’. Si parla di progetti durante le pause caffè e due secondi dopi si sparla alle spalle l’uno dell’altro. Ci si lamenta delle pecche di ognuno, ma solo quando ognuno non c’é. Se c’è ci si comporta da amiconi. Ci si scorda tutto quanto.
Questo genere di rapporti di convenienza e di falsa amicizia che mira solo all’opportunità mi fa tanto pensare al processo di glicolisi.  Ci si scinde per dare forma a molecole-amicizie più forti e più opportune. Io, come al solito, sono una molecola refrattaria alla dissociazione. Per età, per provenienza, per cultura, per radici, per tutto quanto! Tutto questo rimane più forte di me. Più forte della mia repulsione verso i gechi, più del mio ostracismo nell’usare la cipolla in cucina, più del mio rifiuto di baciare le persone che leccano costantemente le labbra, più del mio odio per le cinture sopra i golfini o verso i foulard . Così non mi resta altro che rassegnarmi a rimanere l’unica particella isolata in un mare pieno di molecole in costante e opportunistica trasformazione. Sempre alla ricerca del mio spazio, ma il mio spazio dov’è?
Messe da parte le mie quattro nozioni di chimica teorica, mi restano le convinzioni di anni di esperienza in questo malato ambito lavorativo. Siamo passati dall’azienda giovane “siamo tutti uguali”, all’azienda padre di famiglia “ti ammonisco, ma solo perché devi crescere”. Dall’anarchia più assoluta a repentini cambi di direzione e direttori. Fino ad approdare qui. In balia di provinciali più provinciali di noi e sempre in mezzo ai soliti sbagli. Con qualche faccia nuova e qualche vecchia faccia scomparsa. Ma sempre e solo in compagnia dei soliti sbagli. E salvo il piccolo e fuggevole sentimento di soddisfazione all’arrivo del dieci del mese, non resta niente da salvare. Proprio niente.
Così aspetto che arrivino le vacanze. Tre settimane lontana da questi luoghi. Sperando che stavolte ne possa godere sul serio.
E poi ho avuto modo di pensare al numero quattro. O meglio agli eventi che accadono dopo intervalli che durano circa quattro anni. So che ad una mente razionale, quale spesso è la mia, tutto questo risulterebbe strambo, ma io faccio caso a queste cose. Lo so fin da quando ero bambina di essere diversa. Sono cose che si sentono da subito. Si interpretano già dalle prime azioni che si compiono. Io sono nata diversa in un posto dove la diversità non si accetta. O peggio ancora: in un posto dove la diversità non si accetta se non è tangibile. Che ne so! Se fossi nata con un braccio in meno, una gamba più piccola dell’altra o con qualsiasi altro tremendo handicap so che sarei stata accettata. Invece sono nata bella e sana. Un pupazzo di circa cinque chili, in perfetta salute. Solo che non facevo parte del clan. Sono capitata fra capo e collo a gente che non aveva la sensibilità  per afferrare quanto sia varia la diversità. A persone che confondono i bisogni  per capricci e per cui lo spazio fra le righe è solo spazio bianco. Ora che non sono più una bambina da un bel pezzo, adesso che ho acquisito maggiore sicurezza, diviene facile capire quali scelte avrei dovuto compiere. Ma saperlo adesso rende tutto inutile. Resta questo buco vuoto e come tutti i baratri è affascinante e terrorizzante allo stesso tempo.
Non ho nessuna intenzione, però, di fermarmi a pensare se saltare o no. Sto cercando la via smarrita. A forza di cercarla, magari stavolta la trovo. Magari fra altri quattro anni!


Commenti

  1. "Ora che non sono più bambina da un pezzo è facile capire che scelte avrei dovuto compiere"...c'è del vero in questa frase, ma chi ti dice che fare quelle scelte ti avrebbe reso la vita più facile? Chi ti dice che fare altro ti avrebbe resa felice?
    Viviamo così...sempre con la testa rivolta all'indietro, correndo dietro a quello che non abbiamo fatto e a quello che non abbiamo avuto e ignorando il presente, e quello che abbiamo conquistato anche con sacrificio. Ora che non sono più bambina da un pezzo ho imparato a difendere le mie scelte, fallo anche tu. Siamo il frutto delle nostre scelte in fondo e se scrivi delle cose così belle così bene, se sei così sensibile, se sei diventata una bella persona come traspare dai tuoi scritti, lo devi anche alle scelte che hai fatto...non t'avranno resa sempre felice ma sicuramente ti hanno fatto crescere e non è poco.
    A presto e un abbraccio.
    Gabriella

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