Black Hole Sun Wont You Come?
I
miei primi quarant'anni erano un libro e poi un film. Poi i quarant'anni sono
diventati i miei. Né film, né libro. Semmai un’immane tragedia. Pensavo non avrei
retto alla cosa. Credevo avrei iniziato a mentire sull’età. Poi ho realizzato
che mi sento tale e quale a quando avevo vent’anni. Che la mia faccia non è
diversa da quando ne avevo trenta. Che il problema, semmai, non era aver
compiuto quarant'anni, ma aver dormito per i passati trentanove.
La
mattina del 16 Luglio 2013 mi sono alzata con un broncio che partiva dalla mia
faccia e arrivava al piano terra. Sono uscita di casa con una carica di rabbia
che sembravo Rambo. Poi, davanti ad un cappuccino e degli auguri inaspettati ho
sentito che non dovevo piangermi addosso, ma cercare di realizzare le cose
incompiute che avevo da fare. Mi sono
ripromessa che non mi sarei fatta assalire dalla fretta. Perché ho vissuto in
fretta gli anni trascorsi nella speranza che i prossimi sarebbero stati
migliori. Così, paga di questa saggezza appena acquisita, mi sono recata al
lavoro, sono tornata a casa, ho festeggiato in quasi solitudine e mestamente
sono andata a dormire. Il giorno dopo ho dimenticato tutto.
Qualcosa
è cambiato: invece di essere propositiva ho amplificato la mia indole verso
l’introspezione. E mi sono inceppata.
Avrò
ripreso in mano matite e colori. Avrò ripreso a leggere. Avrò arricchito l’armadio
di qualche gonna, ma non è avvenuto quello che pensavo avvenisse. Così mi
ritrovo come un criceto a correre sempre dentro la stessa ruota. In gonna e
tacchi. Con un filo di trucco e una spruzzata di profumo. Con i capelli più
lunghi e tornati del mio colore naturale. Ma sempre dentro la medesima ruota.
Perché
non si possono fare piani pluriennali con la propria vita. Soprattutto perché
non ci appartiene come pensiamo. Non ne siamo così padroni come crediamo. Non
la possiamo barattare come, spesso,
vogliamo.
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