Parole Sconosciute
Uso da tempo un quaderno nel
quale appunto le parole sconosciute. Ne racimolo un po’ e poi parto alla
ricerca del loro significato che, però, non appunto. Mi costringo a ricordarlo
qualora mi imbatta di nuovo nella parola del mistero. Un vizio che mi porto
dietro da piccola. Se non capivo una parola l’appuntavo, la sottolineavo e poi
dizionario alla mano svelavo il mistero. Da qui la mia stramba passione per i
vocaboli desueti. Pensavo bisognasse leggere tutto il dizionario dalla A alla
Zeta, salvo poi interrompermi alla parola Aberrazione che però, poi, ho usato senza
parsimonia per un pò. Perché ho sempre amato le parole e se le parole sanno di “speciale”
mi fanno ancora più effetto.
Ho sempre creduto che il parlare forbito
equivalesse ad indossare un vestito di sartoria. E il suo contrario
rassomigliasse ad un paio di jeans rattoppati. Così, almeno, mi figuravo da
bambina. Fino a quando ho iniziato ad odiare quelle prefazioni pompose scritte
per gente pomposa da gente altrettanto pomposa, usando parole pompose. Parole
che, alla fine, non significano mai niente e che potrebbero essere dette o
scritte impiegando meno spazio sulla carte e meno aria dai polmoni.
E sono tornata all’essenziale.
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