Riparto da ME
Mentre in ufficio si fa
socializzazione davanti a torte fatte in casa molto buone e un ottimo vinello
dolce, io, solo io, me ne sto rintanata in stanza perché non ho parole adatte
alla socializzazione tranne: “Ciao, come va?”. Finite le quali ho un blocco
note totalmente vuoto da riempire di disegnini nonsense.
Ho iniziato una dieta proteica da
meno di due settimane, così, più proteine ingurgito, più ho voglia di torte di
mele e crispelle. Si tratterà di un’assurda legge di compensazione. Così, la
sera, sbuccio una mela verde, la taglio a quadretti, la ammollo in acqua,
cannella e maizena e la infilo nel microonde per cinque minuti. Ecco creato un
altro surrogato della mia vita. Una specie di apple pie destrutturata. Detta
così suona da food blogger. Nella realtà è tutto molto meno fashion.
Mi sono fatta un regalo: Libri.
Ho usato la dedica gratis che il negozio on line offriva e me li sono fatta
spedire. Un gesto carino tutto per me. Un regalo alla mia costanza e pazienza,
per i miei tre chili persi, per non aver perso la pazienza fra mille stoviglie,
per aver conservato il mio atteggiamento zen quando si è rotto il contenitore
dell’olio allagandomi la cucina, per aver sorriso quando invece avrei voluto
fare tutt’altro, per aver perdonato nonostante non ne fossi così convinta, per
piacermi di più anche se mi trovo piena di difetti. Un regalo per me caduto
proprio il giorno di San Valentino e alla fine un pensiero d’amore rimane. Un
pensiero d’amore tutto per me, da me. E basta.
E poi c’è quella strana, assurda
voglia di primavera mai provata prima. Sarà che in un certo senso sono rinata?
E ora mi ritrovo a guardare delle
foto. Foto di gente che ama apparire in vestiti eleganti e in pose pre-post
cerimonia. Contenta di mostrare la sua bella e perfetta famigliola con il
sorriso dai denti bianchi e della quale i due terzi dei componenti è pure
inquisita. Incelofanata in abiti carta alluminio e adornata da gioielli
patacca.
Oppure foto di chi è stata bella
e bella non lo è più. O almeno non come vorrebbe. Ancora ferma al periodo finto
hippie-chic. Intenta a vivere in un mondo anacronistico popolato da piantine da
rinvasare, erbe (erba?) curative, case di campagna e ronzini da passeggio. Pronta
a pagare uno scotto salato solo per sorridere a mezza faccia, nascosta da un
cappello da cow-boy. Felice di nascondere le pieghe di grasso fra gonne
svolazzanti e gioielli colorati, appollaiata su un costone di roccia come un
ramarro al sole. A mostrare una panoramica delle proprie tette e ad osservare
felice il cielo come a voler ringraziare se ancora tengono su da sole. E non
credo riesca veramente a sfamarsi per quei complimenti che le arrivano da amici
vicini e lontani.
E ad ogni foto che scorro il mio
dito preme il tasto Canc/Delete del mio cervello. Cancello queste persone che
hanno popolato direttamente e indirettamente la mia vita. Cancello e dimentico
e mi depuro. E sto meglio. Decisamente più leggera. Perché adesso so quanto
valga essere fedeli a sé stessi. Più di mille complimenti, più di tante altre
soddisfazioni. Mi guardo allo specchio e ritrovo me stessa. Sotto un colore
diverso di capelli, nascosta da nuovi abiti, ingentilita da un po’ di trucco
resto e ritrovo me stessa. Sempre. Sarà per questo che sono tornata al mio
colore naturale o scelgo i vestiti per me. Non per apparire. Perché in fondo io
mi piaccio per come sono. Per le mie stranezze, per il mio carattere spigoloso.
Mi piaccio per il mio formidabile intuito. Per la mia bizzarra fantasia. Per il
sopracciglio sinistro che si alza quando un discorso non piace o convince. Per
il modo che ho di muovere le mani quando parlo di qualcosa che mi prende.
E così, piacendomi a mio modo,
metto un punto. E riparto. Da me.
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