Azginivelezh
...Rinascita
Quest'anno, rientrare al lavoro é stata una lotta contro il
buon senso. Fino ad ieri sera avevo deciso che non mi sarei alzata dal letto che
avrei mollato tutto quanto e che avrei atteso gli sviluppi e le conseguenze
senza battere ciglio. Già verso mezzanotte, una strana rassegnazione aveva
lasciato il posto al mio spirito guerriero. Stamattina sono rientrata come se
invece di tre settimane, fosse trascorso un solo fine settimana lontano da qui.
Già a mezzogiorno, la rassegnazione ha lasciato il posto allo sgomento. La
resilienza di noi povera gente può essere salvifica, ma può trasformarci presto
in un gregge di pecore.
Con me porto il ricordo di una bella vacanza. Un ritorno in
Bretagna inaspettatamente positivo, nonostante il bagaglio smarrito e la mia anemica
figura. 2500 Km di strade percorsi su una orribile auto a noleggio (ma chi ha
progettato la C3?). Strade che portavano, però, a destinazioni da fiaba.
Ho salito tanti di quei gradini da non sentire più le gambe.
Ma quei gradini portavano in cima (anche in senso metaforico) dei più bei fari
che, fino a qualche tempo fa, mi facevano sospirare di desiderio al solo
osservarli sui libri o sulle foto del mio calendario.
In ordine di visita troviamo il faro di Cap Frehel con 145
gradini, il faro della Ile Vierge con 400 gradini e il faro di Eckmuhl con 300
gradini. Gli ultimi due visitati l'uno dopo l'altro e con un abbondante pranzo nello
stomaco come intervallo. Seguono: Saint Mathieu (di nuovo), il faro di Petit
Minou, il faro di Mean Ruz, il faro di Roscoff e quello dell'Ile Louet.
Saltata la possibilità del tour per fari di mare, quelli
proprio in mezzo al mare d'Iroise, per intenderci. Bisognava prenotare con
largo anticipo. Tanto ci ritorno, mica scappano. Però li ho visti. Da lontano,
ma li ho visti: Pierre Noir, Kereon, Jument...
Ho poi scoperto un paesino che sembra uscito da un racconto
dei fratelli Grimm. Si chiama Locronan. E' un piccolo borgo del '600 con un
pozzo al centro della piazza, dalla quale si diramano delle stradine a raggiera
e tutte queste stradine finiscono in sentieri. Sulla piazza c'é una bellissima
biblioteca celtica all'interno di un'antica casa bretone. Qualcosa a casa ho
portato, non avrei potuto fare diversamente. Per rendere felice la mia pancia
calici di sidro e il Far Breton. Riuscirei a mangiarne quintali. Finalmente
ho dormito in una tipica casa bretone. Con stagno, paperelle e boschetto sul
retro e un bel giardino pieno di ortensie sul davanti. Ho bevuto la famosa
tazza di tè seduta su una comoda poltrona, davanti ad una finestra che
affacciava su queste meraviglie e ho capito che l'immaginazione riesce a
rendere la realtà. E so che non potrò avere mai questa magnifica casa bretone
nella mia città, ma so cosa voglio edificare qui. Nella mia mente è tutto così
chiaro che se un giorno, su quel piccolo pezzo di terra che mi appartiene,
trovassi all'improvviso una piccola casa in legno con il portico e il giardino,
non mi stupirei per niente. Questo sogno me lo coccolo da così tanto tempo che
mi sembra quasi reale.
Bella e magnifica la Bretagna che mi ha pure accolta con 35
gradi. Ovunque vada porto il sole con me. Sembrerebbe un auto-complimento, ma
chi mi conosce bene sa che io fuggo dal sole come un vampiro. E' stato
davvero un viaggio rivelatore. Adesso so che alcuni fantasmi non posso
cancellarli, ma devo imparare a conviverci. E solo in questo caso, come succede
con tutto quello che abita la nostra quotidianità, potrò smettere di farci
caso. Capiterà di buttarci l'occhio, ma con la stessa disattenzione potrò
posare lo sguardo altrove. Magari sulla piantina di fragole che ho piantato o
sulle bozze del mio libro immaginario.
Da questo viaggio ho avuto la prova di essere cresciuta e
che riesco a dare il giusto peso alle cose. Avrei solo voluto imparare tutto
ciò senza aver perso una parte di me che mi piaceva.
E sempre da questo viaggio si è delineata, via, via sempre
più chiaramente, la strada che voglio da adesso in poi percorrere.
Non so neppure se devo ringraziare la Bretagna o me stessa
per il coraggio che ho avuto nel tornare dove tutto si è svelato. So che avrei
sbagliato a legare questo luogo ad un brutto ricordo. Rimangono ancora
altri posti da vedere e so che ho già preso appuntamento, ma la prossima volta
so dove voglio tornare. Anche lì ci sono fari che mi aspettano, ma ci sono
anche vicoli, paesini e porticcioli. Boschetti (nei quali ho scoperto essere
liberatorio fare pipì) e brughiere. Il tè delle cinque e gli scones caldi da
farcire con la marmellata di fragole e le clotted cream.
Nel frattempo mi preparo all'autunno dove mi aspettano il
corso di pittura, il cineforum, le passeggiate serali e i bagni rilassanti a
lume di candela. Faccio spazio nel frigo per il mosto e preparo la padella per
le caldarroste. Attendo speranzosa che mi regalino quegli enormi melograni che
mi piacciono tanto. Andrò alla ricerca delle mie zucca da intagliare che tanto
lo so che la mia piantina non ce la farà mai a dare frutto. E poi arriveranno
le crispelle della domenica, il mio telefilm preferito a fine novembre. Un
nuovo albero di natale e il caminetto da accendere.
Non ho fretta. Grazie a questo viaggio ho imparato pure ad
aspettare.
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