Igor


Caro Igor,
sono quella talmente fuori di testa che il giorno del suo compleanno si é alzata alle quattro del mattino, si é fatta quasi quattro ore di viaggio all'andata e quasi altrettante al ritorno, solo per ascoltarti, di nuovo. E per più tempo. 
Ero in prima fila, come quella volta a Messina. Per non perdermi nulla di quello che avevi da dirci, con la tua aria sorniona, il tuo bel modo di esporre le cose e il tuo candore nel prenderci tutti per i fondelli.
Perché lo hai capito, lo so, che tu hai il poter di raccontarci di aver incontrato un extra-terreste giusto prima di entrare in sala e noi saremo disposti a crederti. 
Io starei ore ad ascoltarti. E l'ho fatto. E lo rifarei. Non ha importanza quante frottole ci racconti e quanta verità abbiano le tue parole. 
Resta che sei riuscito a mettere in una forma discorsiva elegante e dotta tutti i tumulti interiori che ho sempre avuto fin da bambina. Tutte le domande che ponevo e per le quali non ricevevo risposta. Tutti i miei tentativi falliti di uscire dal mio sotto-mondo, come lo chiami tu, usando l'immaginazione e pure i de-sideri.
Il giorno del mio compleanno ho pensato di essere in ottima compagnia. Altri scemi, come me, stavano ascoltando sotto forma di racconto dotto, la loro vita di insoddisfazioni e di frustrazioni per come non era andata. E come me hanno sperato che a fine discorso tu ci dessi la formula magica, o almeno un legnetto per costruirci la bacchetta, per cambiare vita.
A fine giornata stavo per diventare scettica. Ti ascoltavo e dicevo a me stessa che ero una capra. Mi ero fatta intortare da una persona furba che aveva capito in tempo dove le mode del momento stavano andando a parare. Finché, a fine giornata usi un riferimento. Un paragone, come se mi avessi letto nel pensiero. E mi hai punta sul vivo.
Mio caro Igor, in fondo é un onore essere intortati da te. Se devo farmi prendere per i fondelli é meglio puntare su una persona intellettualmente capace. E tu lo sei.
Perché puoi dirci che gli asini volano e non solo lo saprai dire bene, ma riuscirai a dirlo evitando di farlo suonare un luogo comune.
Resti il più bel regalo di compleanno ricevuto in vita mia. Meno costoso di un diamante che, sarà pure per sempre, ma non brilla come sai brillare tu. E lo sai.
Mi piacerebbe essere come te. Muovermi veloce come un folletto, avere quello sguardo alla Sean Connery e conoscere l'arte dell'oratoria. Perché se mi capita di parlare in pubblico, mi cambia il timbro e le parole inciampano.
Non so cosa tu abbia scritto sui miei libri. Quale dedica abbia usato. Magari, la prossima, falla in stampatello, così potrò gongolare meglio.

Credo di aver capito cosa volevi dire quando ci parlavi dell'immaginazione. Adesso lo so che immaginare non significa capacità di figurarsi qualcosa, ma si tratta di pura e semplice percezione. Quella che ho sempre chiamato "la scossa".
A volte, nei momenti più impensabili e improponibili, avverto una scossa e so che quello é il momento buono.
E devo darti, ancora, ragione sul fatto che le parole sono limitanti. Immaginazione, scossa, percezione: tante parole e nessuna per "intendere" (ero attenta, ammettilo) che il mondo é molto più vasto di quello che la gente per cui le parole sono importanti, vuole farci credere.

Grazie



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